Ora l’uscita dall’euro non è una bestemmia
I sacerdoti della moneta unica prospettano catastrofi per chi la lascia ma la Francia non si è fatta spaventare. E concordano pure gli economisti
Il giorno elettorale di Hollande (e quello della Le Pen) potrebbe rappresentare il punto di svolta per il destino dell'euro. Non a caso il candidato socialista all'Eliseo (che pure dice cose inquietanti su tasse e ruolo dello Stato) ha riservato le sue ultime parole prima del silenzio delle urne proprio alla Bce e alla necessità che cambi la sua missione per garantire direttamente il debito degli Stati dell’Unione.
Ben svegliati. Nei «bugiardini» delle medicine c'è sempre scritto che se il paziente peggiora o ha reazioni indesiderate dopo l'assunzione del farmaco, occorre interrompere immediatamente la cura. Nel caso dell'Europa, messa in cura dagli eurocrati di cui Monti è organico rappresentante, abbiamo già assistito al primo morto (la Grecia) e tutti gli altri «malati» continuano a peggiorare.
L'unica differenza con il recente passato è stato l'anestetico dei mille miliardi prestati dalla Bce.
Il voto in Francia ci ricorda che gli Stati Europei sono ancora democrazie e non possiamo sempre dare la colpa agli «altri». Dice benissimo l'economista premio Nobel Paul Krugman quando parla di «suicidio» dell'Europa. Non è importante quanto e cosa «imponga» la Germania nel suo unico legittimo interesse: se acconsentiamo a proseguire in cure sbagliate avremo da biasimare solo noi stessi. Supponiamo però di volerci ribellare e di volerci strappare la flebo del veleno dell'austerità fiscale che ci sta uccidendo: il gesto non sarebbe senza conseguenze, quindi è meglio sapere bene cosa sono i pro e i contro.
La questione è stata recentemente inquadrata sia dallo stesso Krugman che dal capo economista di Nomura, Koo. Tutti e due concordano con una premessa: impossibile proseguire così.... c
IL GIORNALE
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