Pierluigi Casalino I santi dell'Islam


 

 
  

I SANTI DELL’ISLAM,

La conversione all’Islam degli arabi era avvenuta rapidamente, e, di conseguenze, non era stata ch superficiale. Ci volle del tempo perché le pratiche della nuova religione, per non parlare delle idee e degli abiti mentali islamici veri e propri, prendessero fermamente piede tra di loro. La distruzione degli oggetti di culto pagano, quali gli alberi sacri e le pietre ritte, fu cosa facile, ma l’abolizione del paganesimo esteriore non estirpò le credenze e neppure le pratiche connesse al paganesimo arabo. Specialmente tra i beduini, tanto nell’Arabia che nei paesi limitrofi, la religione del “Jahiliyya”, ossia dei “tempi barbarici”, sopravviveva ancora essenzialmente immutata, con una leggera vernice di islamismo stesa sulle superstizioni native. Infatti, negli antichi luoghi sacri si offrono ancora oggi sacrifici, e sulle tombe dei consanguinei o dei mitici antenati tribali si fanno tuttora offerte ai morri. Né la situazione è materialmente diversa tra le popolazioni rurali dei paesi musulmani, in zone come la Giordania, l’Egitto o il Maghreb. Ancora fino a non molto tempo fa sopravvivevano luoghi di culto, dove musulmani, ebrei e cristiani (soprattutto questi ultimi, che nell’Islam ritrovano parti non indifferenti di elementi, come il giudizio finale apocalittico da parte di Gesù e la venerazione a Maria sua madre)) insieme perpetuavano delle costumanze religiose che sono anteriori, per antichità immemorabile, a tutte le loro religioni. E ciò è vero dalla Siria all’India, all’Africa del Nord (specialmente in Marocco). Le religioni di cui l’Islam prese il posto, hanno vissuto e, sotto certi aspetti, vivono tuttora, dentro l’Islam immutate e intatte. I luoghi di culto più frequenti in molte regioni sono i santuari dei Weli, le tombe o cenotafi di santi, uomini e donne. In una gran parte del mondo musulmano il culto cristiano dei santi aveva preceduto quello musulmano, e fu adottato dai musulmani nel modo stesso come i santuari degli dei pagani preislamici e dei loro eroi erano stati appropriati dai santi e dai martiri cristiani. Bisogna osservare però, che vi è una differenza notevole: il culto dei santi non ha mai avuto nella moschea un posto corrispondente a quello che esso ha nelle chiese cristiane, anche quando si tratta di moschee erette in memoria e in onore di un santo. I santuari sono qualche volta il luogo di sepoltura di eroi e mistici della fede islamica. Muhammad (Maometto) a Medina fu naturalmente sin da principio oggetto di venerazione per i musulmani. I luoghi più santi per gli sciiti sono la tomba di Husain a Kerbala (in Iraq) e quella di Alì - al – Rida, l’ottavo Imam, a Meshed, l’una e l’altra di martiri. Famosi dottori della legge come Ahmaed ibn Hanbal, cui si rifà una scuola giuridica e una corrente sunnita, specialmente in Turchia, un gran numero di santi Sufi, alcuni dei quali ben noti nella letteratura mistica, altri solo di fama locale, i fondatori gli ordini Dervisci e i loro eminenti successori, tutti, hanno offerto l’occasione per far sorgere un gran numero di santuari. E così monaci musulmani, uomini e soprattutto numerose donne: un monachesimo, anche quello femminile, in notevole ripresa, peraltro, ai giorni nostri, che sta recuperando terreno, con la sua ventata di spiritualità anche all’area integralista, oltre ad inserirsi nello stesso movimento rivoluzionario arabo e a recepire le stese istanze di liberazione della donna nella famiglia e nella società islamica. Molti santuari erano in origine, tuttavia, luoghi di culto pagani, che ottennero diritto di cittadinanza nell’Islam per via di leggende che ne fecero sepolcri di Weli. Secondo la teoria ortodossa, i santi sono invocati, affinchè per virtù dei loro meriti intercedano presso Dio. Di fatto, per la gran parte dei musulmani, i santi si riducono a divinità locali a cui si offrono sacrifici e si rivolgono preghiere e a cui si ricorre per aiuto onde ottenere guarigioni, per la grazia della prole da parte delle donne sterili e prosperità agli uomini d’affari. Ad esempio, a tanta, in Egitto, dove la festa che si celebra conserva a tutt’oggi alcuni caratteri dell’antica religione egiziana quale viene descritta dallo storico greco Erodoto. La voluminosa agiografia musulmana è piena di miracoli operati dai santi in vita e di interventi miracolosi e grazie ottenute  dai devoti, che accorrono alle loro tombe. Le reliquie non hanno mai avuto nell’Islam l’importanza che ha avuto nel cristianesimo il culto dei santi, nonostante le sottili distinzioni dei teologi. Che fosse in realtà un ritorno al paganesimo politeistico fu compreso dai Mutaziliti, pur con qualche difesa da parte di Al-Gha^za^li^ o di Ibn Sina^. L’Islam ha pure i suoi santi viventi, come il Cristianesimo, a cui si attribuiscono poteri miracolosi e che sono oggetto di venerazione. Asceti e mistici di rilievo – Sufi, Dervisci e certo crescente monachesimo sia maschile che femminile, ma anche forme di spiritualità di persone impegnate nella società e nella famiglia, come più sopra citato, i quali raggiungono in questa vita quell’intima unione con Dio che nell’estimazione comune difficilmente si estingue con la morte e facilmente si trasforma in una sorta di deificazione. Presso sette ulktrasciite, tali personaggi occupano un ruolo così elevato ed esercitano un’autorità quasi uguale a quella dei guru indù. In Algeria e in Marocco, il “Murabit” (marabutto) è il successore musulmano degli uomini santi o divinità viventi del paganesimo berbero. Nel Maghreb, soprattutto in Marocco, dove l’Islam incontrò esperienze religiose precedenti, come l’Ebraismo e il Cristianesimi, esistono anche Wel dedicati a santi cristiani ed ebrei. Tali santuari sono oggetto di venerazione da parte degli stessi musulmani. La profondità delle radici ebraiche del paese nordafricano costituisce una delle realtà meno conosciute del Marocco, che oltre all’elemento berbero, coniuga diversi filoni culturali che si collegano all’antichità romana e in parte punica.

Casalino Pierluigi