Valerio Zecchini- Il ritorno della Italy Dance- Dai Righeira a Sandro Codazzi


Milano - La musica italiana degli ultimi decenni non è mai riuscita a imporsi fuori dai confini nazionali; unica eccezione Ennio Morricone. Altra eccezione, ma meno conosciuta, è quella del singolare fenomeno della «italo disco». I suoi esordi furono dovuti più alla necessità che ad una precisa intenzione creativa: all’inizio degli anni Ottanta importare dischi americani in Italia era troppo costoso. I principali importatori furono costretti a ridurre gli ordini di musica da discoteca Usa (sulla quale i dj basavano la loro programmazione) e si focalizzarono sulle produzioni locali. Fu il produttore tedesco Bernhard Mikulski a coniare il termine «italo disco» nel 1984.
La principale ispirazione per i pionieri di questo genere fu l’altoatesino Giorgio Moroder, che aveva dato inizio alla moda dell’Euro disco con Love to Love you Baby di Donna Summer.
Ancor più seminale fu il suo album From Here to Eternity, completamente elettronico, in cui fu il primo a mixare i pezzi senza interruzione (pratica poi adottata da qualsiasi dj). Le canzoni erano prevalentemente elettroniche, ma con melodie accattivanti di stampo prettamente italico, i testi disimpegnati e cantati in inglese con forte accento italiano. A metà degli anni Ottanta l’«italo disco» conquista le classifiche europee, in particolare con gli esponenti della sua corrente più commerciale e kitsch: Gazebo, Den Harrow, Raf e i Righeira. Questi ultimi, a parte gli irritanti tormentoni No tengo dinero e Vamos a la Playa, produssero canzoni di qualità come Luciano Serra pilota. Tra i nomi della corrente più evoluta della «italo disco» vanno ricordati Klein + M.B.O. (alcuni loro brani furono cantati da una giovane Rossana Casale), Central Unit, Blackbox e più avanti Datura (sorti dalle ceneri della band new wave Gaznevada). Nel 1985 la «italo disco» arriva anche nelle classifiche americane, con il brano di Raf Self control nella versione di Laura Branigan e poi dei Baltimora che lo campionarono abilmente, presentandolo con un altro titolo.
Furono comunque i Pet Shop Boys a fare l’uso più esteso di sonorità italo disco, e lo hanno ammesso in diverse interviste, dichiarandosi fan sfegatati del genere. La loro grandezza infatti sta proprio nella capacità di rielaborare amche il più pacchiano materiale disco in sofisticate composizioni elettroniche. Nei primi anni Novanta la «italo disco» ha cominciato a svanire, nell’incombente moda della house music, ma recentemente sta conoscendo un importante revival e guadagnando il suo posto nella storia della musica dance.
C’è un musicista italiano che più di ogni altro ha fatto tesoro del patrimonio «italo disco» per proiettarlo nel futuro: Sandro Codazzi. Ticinese emigrato a Milano, dopo aver dato vita nel 2004 al duo elettronico Silicon Wafer ed essersi lanciato in una carriera solista nel 2008 debuttando con un superbo remix di Manzotin mantra dei Post contemporary corporation, Codazzi pubblica oggi l’omonimo cd d’esordio. ...

 
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