*Vittorio Maciocie
Henri Pirenne avrebbe detto che in fondo siamo fortunati. Lo storico francese nel 1927 scrisse un saggio su Le città del Medioevo. Ogni volta che ripenso a quello che è avvenuto negli ultimi tre lustri mi viene in mente il suo nome. Pirenne racconta la nascita di quelle isole di società aperta, ancora incerte e insicure, in una galassia di feudi. Sono appunto quelle città che nel X secolo rompono i tradizionali rapporti dell’individuo con il potere. Sono una frattura. È la nascita dell’Occidente, una fuga verso la libertà.
Queste città nascono intorno a un mercato, che è un luogo dove si scambiano merci, ma anche idee, conoscenze, dove si intrecciano relazioni, qualcosa di nuovo e avventuroso rispetto alla comunità tradizionale della società chiusa feudale, dove l’orizzonte e i confini sono quelli della terra, qualcosa di concreto, solido, perfino rassicurante, e con rapporti sociali rigidi. Tu sei quello che nasci. Il tuo destino è già scritto, segnato, predisposto. La città, in quel momento storico, rappresenta invece un concentrato di libertarismo, l’uomo sceglie la responsabilità e il rischio di disegnare sulla mano la linea della sua fortuna. Sceglie di indossare l’identità che più gli assomiglia, quella che a torto o a ragione sente sua. Non è un viaggio semplice. Questo mercante con l’ansia della libertà è un pioniere che si muove in un mondo che gli è ostile. È un deviante, che rinnega i principi della Chiesa e del potere laico. È un nemico dell’ordine costituito. C’è in lui qualcosa di anarchico e di blasfemo, condito con una voracità e un’ambizione sovrumana. La sua filosofia di vita si può riassumere con un «siate affamati, siate folli»....
II GIORNALE continua
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