* da Nuovo Corriere Padano, Ferrara.
"Noi siamo sul promontorio dei secoli! Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare la misteriosa porta dell'impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente"
FILIPPO TOMMASO MARINETTI
Pare che Lenin abbia affermato: "In Italia ci sono tre intellettuali rivoluzionari... Marinetti, D'Annunzio e Mussolini", ... nel 1921! Reale o virtuale, tutto ciò riflette lo spirito rivoluzionario e futurista di quegli anni sicuramente inebriati di volontà di mutazione e opposizione al passatismo mondiale, era di terrore per le anime pie e benpensanti.
E "Comunisti-Futuristi" urlò Majakowskij... e "Fasci-Futuristi" delirò quel matto di Marinetti, prendendo al volo, entrambi, le uniche due rivoluzioni possibili, sul mercato sempre passatista della Divina Politica. Oggi è facilissimo sentenziare, in nome magari dell'antifascismo, ancora totem-tabù italiano o europeo...: ma controcorrente, nonostante Hitler e Stalin, Marinetti e Majakowskij avevano ragione. In Italia, il fascismo nacque come movimento rivoluzionario e utopistico, assolutamente "progressista" e innovatore: così in Russia, il comunismo. Gli storici (razza rispettabilissima?) conformisti - tranne eccezioni recenti dopo Renzo De Felice - fanno di ogni erba un fascio e un martello... falciano, bastonano assieme Futurismo, Marinetti, Majakowskij, Mussolini e Lenin con le aberrazioni reali di Stalin e Hitler (Lenin ovviamente fino ad un certo punto...). I fatti sono ancora falsificati con tecniche orwelliane, Mussolini, invece, fu una personalità complessa, ma ricca di talento e intuizioni moderniste di prim'ordine: con Marinetti fu uno dei primi "studiosi" italiani dei Mass-Media, sicuramente influenzato dal futurismo, da cui s'allontanò con gli esiti tragici che nessuno nega, ma restò - a modo suo - un "progressista", un precursore del futuro per tutta la vita. Il futurismo non fu mai arte ufficiale di regime a differenza della tradizione artistica nazionale, sopravvisse soltanto grazie alla personalità di Marinetti, alla sua amicizia privata con lo stesso Mussolini, altrimenti i comunisti avrebbero avuto un altro Gramsci, certamente più scomodo e indottrinabile (si veda più avanti, comunque, la nota stessa sorprendente di Gramsci sul futurismo). Parallellamente, in Russia, Lenin non ostacolò i "comunisti-futuristi", in prima linea nelle piazze e nelle fabbriche: il futurismo fu l'arte della rivoluzione e persino arte di stato, quindi, evento unico e finora irripetibile nella storia dell'avanguardia (almeno all'inizio...). Al contrario, infatti, fu Stalin a restaurare lo zar e il passatismo, colpendo ogni libertà artistica e rivoluzionaria. Lo stesso Lenin s'accorse della follia criminale di Stalin, ma nonostante le proprie lettere rivelatrici che ripudiavano esplicitamente il futuro dittatore, la propria morte prematura (1924) lasciò libero corso al nazismo rosso sovietico. Mentre in Italia Mussolini protesse Marinetti, probabilmente Stalin eliminò addirittura Majakowskij, camuffando in suicidio (con il consueto stile dialettico...) la tragica verità, fino ai nostri giorni! Insomma, storicamente, e ciò suona ancora come un'autentica eresia, fascismo e comunismo, ispirati profondamente dal futurismo, furono realmente due eventi rivoluzionari e "progressisti", entrambi sconfitti assai presto dai rispettivi medioevi culturali e politici, in Italia e in Russia: certo "secondo fascismo" e Stalin non avevano più nulla a che fare con Mussolini o il comunismo (utopico...). In quest'ottica, Marinetti e Majakowskij non si sbagliarono affatto nei loro pretesi errori e deliri politici: oggi certamente improponibili in quei contenitori d'utopia, superati non dalla Santa Democrazia, bianca vergine linda come le Alpi Svizzere, ma dall'evoluzione scientifica che domanda, anni duemila, nuovi scenari, container politici meno arcaici e più intelligenti, europei e planetari. L'utopia futurista, infatti, così legata al dinamismo moderno e tecnologico, alla scienza come filosofia del XX secolo (è la grande rimozione sul futurismo da parte dei critici, che ne sottovalutano sempre questa cruciale interconnessione, atomo reale futurista...), appare ancora come "futuro anteriore", "avanguardia prossima ventura" finalmente attuale e possibile nell'Italia postpartitocratica del 2000. E la Nuova Italia, realmente, al passo con il futuro, non può prescindere dalla Tradizione del Nuovo futurista che rappresenta, oggi, per la profonda anticipazione futuribile (dopo ormai 60 anni di passatismo cattocomunista) un patrimonio conoscitivo e ideale nello stesso tempo nazionale, europeo e mondiale: perché... il futurismo nacque in Italia, anche se battezzato in Francia. Il futurismo ha - semplicemente - influenzato tutta la cultura contemporanea: "Utopia di ieri... realtà di domani... futurismo prossimo venturo?" ha scritto ancora recentemente Francesco Grisi. E Marinetti, con una battuta, ha.. certamente applaudito la supercometa che colpì Giove nel luglio 1994: la stessa cometa che colpì la Terra (forse) milioni di anni fa cancellando i dinosauri; che annuncia oggi, era cibernetica, la scomparsa in Europa e in Italia degli ultimi grandi rettili comunisti!... Quando persino lo stesso "nemico" Antonio Gramsci scrisse Marinetti rivoluzionario su "Ordine Nuovo" il 5 gennaio 1921:
"... I futuristi, nel loro campo, nel campo della cultura, sono rivoluzionari; in questo campo, come opera creativa, è probabile che la classe operaia non riuscirà per molto tempo a fare di più di quanto hanno fatto i futuristi: quando sostenevano i futuristi, i gruppi di operai dimostravano di non spaventarsi della distruzione, sicuri di potere, essi operai, fare poesia, pittura, dramma, come i futuristi... I futuristi hanno... distrutto, distrutto, distrutto... hanno avuto la concezione netta e chiara che l'epoca nostra, l'epoca della grande industria, della città operaia, della vita intensa e tumultuosa, doveva avere nuove forme di arte, di filosofia, di costume, di linguaggio; hanno avuto questa concezione nettamente rivoluzionaria, quando i socialisti non si occupavano neppure lontanamente di simile questione, quando i socialisti certamente non avevano una concezione altrettanto precisa nel campo della politica e dell'economia, quando i socialisti si sarebbero spaventati (e si vede dallo spavento attuale di molti di essi) al pensiero che bisognava spezzare la macchina del potere borghese nello Stato e nella fabbrica".
Roberto Guerra
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