Il Futurismo è un movimento artistico fondato nel 1909 dal poeta italiano Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), che pubblica il suo primo manifesto il 20 febbraio di quell’anno sul quotidiano francese “Le Figaro”. Riunendo essenzialmente autori italiani, il Futurismo si vota all’esaltazione della modernità, invocando una rivoluzione totale. Nel segno della rottura con ogni forma del passato, il Futurismo tende a ricreare, se non a reinventare poesia, pittura, scultura, architettura, tipografia, danza, musica, cinema e persino moda. Dal 1909 al 1914 i suoi proclami, i suoi scritti, le sue serate affollate da protagonista e le sue esibizioni accrescono la reputazione di agitatore e di polemista appassionato di Marinetti. La sua fama si diffonde in Francia, in Russia, in Germania, in Gran Bretagna. Nel 1918 l’artista si ripiega sull’Italia, lasciandosi coinvolgere dal fascismo, nel nome del culto della vitalità e della velocità, di un’italianità nuova e moderna. Per tutte queste ragioni, Marinetti rappresenta uno dei momenti fondamentali della storia dell’arte del XX secolo. Un contributo di rilievo al ricordo della figura di uomo e di artista di Marinetti, in occasione del centenario di pubblicazione di quel celebre manifesto, è stata la mostra dedicata da Centro Pompidou di Parigi, tenutasi nell’istituzione parigina fino al 26 gennaio 2009. L’evento ha reso omaggio a un fenomeno culturale, che, avendo visto la luce proprio in Francia, è ancora da quelle parti scarsamente conosciuto. Per un incomprensibile atteggiamento, peraltro, la lodevole ambizione degli organizzatori dell’evento di illustrare il movimento futurista si scontra con le poche opere presentate al pubblico e alla critica nella circostanza. Le tele di Boccioni, di Carrà, di Severini e di Balla proposte al centro Pompidou non mancavano certo di suggestione “futurista”. Si è trattato tuttavia della minima parte di un ricco filone culturale, che, per vocazione, vuole essere un’idea totale. La visita a una galleria di circa 200 pitture in una scenografia straordinaria non ha colto a pieno lo spirito del futurismo. Altro limite della mostra è stato quello dato dal criterio stesso dell’organizzazione. Un metodo che si rifà a un testo degli anni Sessanta, che appare largamente superato. Diverso è stato, invece, l’impatto sulla pubblica opinione di analoga manifestazione svoltasi nell’estate del 2008 alla National Gallery di Londra, volta a sottolineare le influenze del simbolismo divisionista sul Futurismo e sul suo percorso di arte politica e sociale nell’Italia della fine del XIX secolo. Come è stato rappresentato anche da qualche osservatore transalpino, l’esposizione parigina ha riaperto il dibattito mai spento sulle radici cubiste e “francesi” di parte rilevante del movimento futurista. La corrente futurista trova, in realtà, più la sua ragion d’essere dalle esperienze di un Segantini, di un Morbelli, o di un Pellizza di Volpedo, che non nei successivi lavori di Gleizes o di Gris. Che il Futurismo abbia subito il fascino dell’arte cubista, a partire dal 1912, è un dato di fatto, ma il movimento di Marinetti nasce e si sviluppa indipendentemente da ciò. Il gesto futurista non conosce, d’altronde, padrini culturali ed esprime una concezione assolutamente originale. Il soffermarsi eccessivamente sulla fortuna futurista in Germania, in Russia, in Francia o altrove, quasi dimenticando la culla italiana, è apparso fuorviante. E non è adeguato testimone del ruolo dell’ambiente parigino nella nascita del Futurismo. Pur tra le sue ombre, la mostra di Parigi è riuscita tuttavia a recuperare in qualche modo il significato autentico di una travolgente stagione di illusioni moderniste, ma anche di speranze nel riscatto civile e morale dell’uomo.
Casalino Pierluigi, 23.04.2009.