L'INCUBO DELLA DEMOCRAZIA

Ci si è chiesto spesso come si fa ad evitare che la democrazia fallisca per mancanza di sé e di speranze future. La risposta più immediata (e quindi la più semplice) è quella che a parlare di democrazia sia un intellettuale che non sia un addetto ai lavori, che cioè sia estraneo comunque al fenomeno politico, specialmente quello tecnico.Forse solo così si potrebbero, però, sentire discorsi "politicamente" interessanti.magari spregiudicati, ma concreti ( e qui il populismo non c'entra nulla, supposto che il populismo non sia altro che cavalcare la rabbia della gente,come ha dimostrato, secondo l'autorevole Newsweek, l'elezione dell'"anticorpo" Trump alla Presidenza USA). Un intellettuale, dunque, che non sia uno specialista, un affiliato a una corrente politica o un militante: insomma uno di quelli che al tempo dell'antica Grecia univa lo spirito illuminato del filosofo alla sana amministrazione della cosa pubblica. Da tempo è in corso un dibattito su cosa sia la democrazia e su quale sia il suo futuro di fronte alle convulsioni geopolitiche e alle sue continue contraddizioni. Ci si chiede, in altri termini, quali siano le ragioni del suo possibile e temibile declino. L'espediente di ricorrere ad una persona, culturalmente formata e fuori dai giochi, non cosa da sottovalutare. pertanto. Solo un soggetto del genere intuisce o può intuire come la democrazia abbia un alto e promettente ideale che di fatto non riesce a mantenere, considerate le crescenti sfide della realtà che ha intorno, comprese quelle drammatiche che le vicende contemporanee ci mostrano. Ciò non di meno, giova sempre ricordare che i mali e la non riuscita della democrazia, a dire il vero, sono mali  antichi: imperfetta, illusoria e limitata come ogni utopia la democrazia, peraltro, riesce comunque  a sopravvivere a stessa secondo l'antico adagio che è la peggior forma di governo, non esistendone una migliore. Ad alimentare ottimismo e pessimismo sulla democrazia e sul la sua ragion d'essere ci hanno provato in tanti dall'antichità a Rousseau, a Montesquieu, a Max Weber, a Kelsen, a Norberto Bobbio, a Ortega y Gasset, a Eibl-Eibesfeldt, ad altri. Siamo ora davanti alla ricerca dell'incompetenza resa competente per uscire dall'impasse? L'idea non è malvagia,< ma suscita pur delle ragionevoli perplessità, almeno nel mondo di oggi così globalmente intessuto. Esagerere nel bene? senza finire nell'anti-politica, allora? Se ne sono occupati persino Tacito, Guicciardini e Montaigne di questo tema: la democrazia è stanca, inefficiente, ipocritamente promittente, sentimentale, infestata da virus quasi letali, da difetti insuperabili, ma diciamocela tutta: qualcosa di meglio non c'è. La democrazia richiede davvero (e presuppone) che una serie di virtù civiche siano largamente coltivate? Sicuramente si, ma in un altro pianeta, come sembra. E ciò perché la democrazia finisce in fondo per evitare che le proprie utopie diventino pericolose per i notabili, le caste e le élites al potere. Che fare allora? Sposare la democrazia con l'equità, si crede sia la via ottimale, ma non sempre facile, se pur obbligata se si vuol far sopravvivere questo regalo del genio ellenico. Occorre rinfrescare tutti le idee, per concludere. Prima che la democrazia si trasformi in un incubo.
Casalino Pierluigi, 10 novembre 2016