1956, 60 anni dopo il sogno infranto dell'Ungheria

Ricordo (ero bambino) che le notizie dell'intervento sovietico in Ungheria venivano trasmesse a ritmo periodico, ma composto e senza indulgere a sfrenate rappresentazioni di pathos, pur nella manifestazione evidente di solidarietà che la rivolta ungherese meritava dagli italiani, Non mancavano le polemiche dell'area comunista anche di fronte all'insorgere di coscienze vigili in seno allo stesso movimento operaio e non solo fra il PCI: la vicenda ungherese provocò infatti grandi divisioni tra gli intellettuali di sinistra e tra quelli impegnati nella difesa dei principi di libertà, se pur con la cautela derivante dalla competizione est-ovest in atto. Già la Polonia era insorta e ora toccava all'Ungheria, che pagò con il sangue versato in sette drammatici giorni, la dura reazione dei russi. Piero Calamandrei dichiarò che "la libertà è come l'aria: ci si accorge quando comincia a mancare. Ci vollero altri 33 anni perché gli ungheresi tornassero a respirare l'aria della libertà. E, come, si è scritto nei giorni scorsi, ci si augura che l'Ungheria ricordi il sacrificio di quei patrioti, valorizzandone il lascito. Quando dieci anni fa si celebrarono quei fatti le manifestazioni degenerarono in scontri con la polizia; questa volta si confondono con la congiuntura migratoria. L'attuale tensione, peraltro, fa esclamare: questa è la democrazia.
Casalino Pierluigi