La città nuovo è concetto "antico". da sempre artisti, pensatori e politici sognano e progettano un modello di città nuova. Anche l'architettura ha cercato di dare forma a questa intenzione avveniristica, fissandola ne presente possibile, almeno come prospettiva del domani della società dell'uomo civile. Nel corso del XX secolo, in particolare, proprio l'architettura ha visto un tentativo in tal senso di grande rilievo simbolico nel nome dell'italiano Antonio Sant'Elia, autore di importanti e potenti disegni datati 1914, anno di scoppio della Grande Guerra. Si tratta di un insieme di edifici monumentali che si proiettano verso il cielo con stazioni ferroviarie poste a terra, ponti sospesi per le automobili, ascensori che salgono vertiginosamente in alto, ferro e vetro che si intrecciano ovunque, aerei in cielo e cavi elettrici a innevare questa sorta di cattedrali inventate dall'immaginazione per essere al più presto costruite. Le intuizioni del talentuoso architetto italiano, giunto a Milano esattamente agli albori della spinta industriale del Bel Paese, quando il Futurismo concepiva e plasmava l'immagine della nascente metropoli, hanno nutrito generazioni di architetti e ingegneri che non avevano altro in testa che costruire il futuro e non solo delle città e degli agglomerati urbani. La vicenda di Sant'Elia è pure l'evento tragico di un genio irresistibile, autentico interprete del Futurismo Urbano (sua la firma al Manifesto Futurista per l'Architettura, il sodalizio con Boccioni, Carrà, Chiattone ed altri, poi la guerra, dove l'effimera esistenza dell'artista termina sul fronte del Carso il 10 ottobre 1916. Si sta ricordando dunque in questi giorni il sogno della sua generazione, le follie della guerra che lo accompagnarono, oltre agli splendidi disegni, senza i quali gli stessi Fritz Lang, Buckmister Fuller, Archigran e altri non avrebbero potuto sognare la città nuova dell'uomo del futuro.
Casalino Pierluigi