Roma segnala il manifesto poetico di Emilio Diedo

by Eccolanotiziaquotidiana

ROMA Intervista al poeta cosmico e contemporaneo Emilio Diedo  (e critico letterario per Literary magazine, Padova) sulla sua nuova silloge poetica ”Reale apparente” (Este Edition 2013), libro-manifesto per un nuovo concetto metrico, prefazione di Paolo Vanelli




“…La prima impressione che ho avuto leggendo questa raccolta di Emilio Diedo è stata quella di trovarmi di fronte ad un poeta che sperimenta, con esiti assai pregevoli, nuove formule poetiche e nuove strategie operative, ben consapevole del fatto che la poesia, per essere efficace e rispondere al sentimento del tempo, deve suggerire un’idea e farsi struttura compositiva capace di metterci a portata di mano un inedito accadere, nuove ipotesi di vita e di stile in cui possiamo ritrovarci”. (Paolo Vanelli)






D- Diedo, nuova raccolta poetica, numero? Uno zoom complessivo sul Diedo poeta?

R- Se non vado errato, riferendomi alle sole raccolte poetiche, questa che ho appena sfornato è la numero 11, lavori antologici a parte.


Circa il mio percorso poetico, escludendo quindi quelli paralleli, narrativo e critico-saggistico, posso dirti che, fin dagli albori della mia indole propedeutica alla poesia, ho cercato di perseguire un unico, progressivo percorso, tendente a sviscerare elementi solitari, casuali ma altresì causali dello scrivere in versi. Causali in quanto proprio in un rigoroso scopo, prepotentemente civico- religioso, riesco a concentrare il mio potenziale poietico. Scavando nell’interiorità della mente. Esternando conscio ed inconscio, mettendoli in un rimunerante nonché risolutivo contradditorio. Partendo, come natura vuole (perché ogni azione della vita, lo si sa bene, tende via via ad una maturazione), da un modulo molto semplicistico, ma comunque indipendente da schemi precostituiti, soprattutto rinnegando anche gloriosi, monumentali cimenti del passato, ho azzardato i primi passi cercando d’esprimermi nella quintessenza poetica. Ovverosia avvalendomi di quel nucleo concettuale che dà identità alla poesia, esclusivamente individuabile nell’intrinsecità meramente estetica, piuttosto che in un’abnorme esteriorità formale. Concetto che si avverte negli echi, nelle radiazioni della parola piuttosto che nella capziosa formulazione d’un verso commisurato ad una coercitiva struttura metrica. Da lì è stato un crescendo – almeno per quello che è nella mia concezione poetica – che mi ha, e sempre più coscientemente, trasportato in una poesia grata e soddisfatta dei pressoché infiniti giochi che la parola, nel suo caotico e nel contempo assemblativo insieme, riesce a delineare, e se vogliamo, a contraffare. Mi riferisco al senso ameno del metaforico che la vera poesia amabilmente abbraccia. E poi la contraffazione sta anche, diciamolo pure, nel fatto che il poeta per buona parte deve sapersi rendere evasivo, poliedrico, anfibologico fautore ed interprete delle sue idee, specchio oltreché del sentimento, dei valori e talora degli ideali. Badando, a tal proposito, di non divenire patetico, naturalmente.....


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