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Il Giornale intervista Fabrizio Plessi



di Edoardo Sylos Labini

Sylos Labini: ci può raccontare un episodio OFF dell’inizio della sua carriera?

Plessi: avevo 17 anni, frequentavo il Guggenheim di Venezia, la Peggy Guggenheim, facevo il Liceo Artistico e il Prof. Bacci mi faceva frequentare tanti artisti famosissimi. Le confesso che a quell’età ero sicuro che avrei fatto una mostra al Guggenheim di New York. Era diventata un’ossessione per me, quasi una pazzia. E quando nel ‘98 sono riuscito a fare la grande mostra al Guggenheim di New York ho ricordato questo sogno che avevo da bambino e che si è realizzato. Un episodio che mi ha reso forte di fronte a tutte le asperità della vita. Avevo le idee chiare, ma ero anche un ragazzino che sognava, guai a togliere i sogni ai ragazzi!

Sylos Labini: ha insegnato per 30 anni, quindi ha visto da vicino il passaggio di più generazioni di potenziali artisti: che consiglio dà a un giovane che comincia la sua carriera?

Plessi: ho insegnato per anni al Liceo Artistico di Venezia, in seguito a Milano, all’Accademia di Belle Arti di Venezia e poi mi hanno chiamato a Colonia, alla Kunsthochschule für Medien, un’Università sulle nuove tecnologie, dove insegnavo “Umanizzazione delle tecnologie”. Nella mia vita ho insegnato a quasi 5.000 studenti e ne sono molto orgoglioso. Chi lavora come me su arte e tecnologia non deve aspettarsi che la tecnologia e i nuovi media risolvano dei problemi. Le nuove tecnologie sono soltanto un mezzo: bisogna avere grande forza, passione, entusiasmo, senso del sacrificio, cercare di trovare se stessi evitando di seguire le mode effimere, gli spifferi di avanguardia. La memoria storica di ognuno di noi è la base del futuro. Se non abbiamo la grande forza di dominare le tecnologie, purtroppo saranno loro a dominare noi. Bisogna ricercare all’origine di quello che siamo, il genius loci, per capire se abbiamo qualcosa da dire.....CONT  IL GIORNALE

Fabrizio Plessi e Ferrara

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