IL LINGUAGGIO RIVOLTO AI POLITICANTI by P. Giardini

 

Circa un secolo fa, in Europa fabbricarono milioni di chilometri di filo di ferro spinato. Serviva agli enormi reticolati davanti alle trincee della I Guerra Mondiale. Se ampiamente estesi in profondità e larghezza, i reticolati erano invalicabili dalle fanterie attaccanti. Chi riusciva a raggiungere quelle barriere veniva regolarmente macellato dal fuoco di sbarramento di artiglierie e mitragliatrici.
Con l’astuto incarico di snervare il nemico e fargli consumare munizioni, per quattro anni milioni di
uomini furono obbligati ad andare all’attacco, disperatamente consci dell’alta probabilità di correre l’ultima  corsa  in uno  straziante calvario.  Comunque,  per  agevolare  l’entusiasmo  dei riottosi e rafforzarne la speranza nell’esigua possibilità di tornare indietro (sia pur in non perfette condizioni), c’era l’aiuto psicologico dei plotoni d’esecuzione.
L’uso congiunto di reticolati e mitragliatrici ebbe un grande successo necrologico, molto utile a fine guerra a far contare all’Intesa 5,1 milioni di caduti in battaglia, e 3,3 milioni agli Imperi Centrali.
In tale giocondo contesto, Papa Benedetto XV nella Nota sulla Pace del ‘17 definì “inutile strage”
quella carneficina, disgustando i politicanti a cui si rivolgeva nonostante su quell’inutilità non ci
fossero dubbi. Infatti, solo con l’esaurirsi delle risorse alimentari di una parte contendente, le armi tacquero in attesa di riprendere fiato e ricominciare daccapo (20 anni dopo).
Oggi, come allora, volendo dire pane al pane e vino al vino su quel lungo massacro, servono aggettivi più  pregnanti di  “inutile”,  come  “demenziale”,  “idiota”,  “stolto”, “criminale”.  Perché
demenziali, idioti, stolti e criminali furono i capi militari che disponevano delle truppe alla stregua di materiali di consumo, dimenticandosi banalmente che erano uomini. Inetti al pari dei capi politici
che li assecondavano invece di farli fucilare per crimini di guerra.
Se il pontefice avesse aggiunto ad “inutile” gli altri giusti epiteti per l’organizzazione di quelle
stragi, come avrebbero reagito i politicanti alla scandalosa provocazione che svelava una verità incontestabile? Malissimo, certamente. Forse anche violentemente nei confronti della Chiesa.
Ma le masse, almeno quelle cattoliche, si sarebbero scosse alla frustata di un messaggio rudemente veritiero, non sfocato  da  infingarde e soporifere buone  maniere.  E  la consapevolezza  avrebbe
contribuito, poco o tanto, a far percepire diversamente le perverse pulsioni che incombevano sulla società civile postbellica, quali la tracotante retorica guerresca e le sirene nazionaliste.
Al momento attuale in cui (poche) teste pensanti europee ritengono necessario il fiorire di un Nuovo
Risorgimento, baluardo alle incursioni della barbarie finanziaria, e da noi diventa meno fantasiosa
l’ipotesi di un sito filogovernativo grillino denominato “vaffanculo.com”, è giunto il tempo  di risolvere la spinosa questione della libertà espressiva dei media italiani nei confronti dei politicanti al potere. Questi ultimi, avendo scoperto il potere deterrente della querela facile per diffamazione (scoperta geniale: procurano il massimo possibile di oneri e fastidi ai giornali al minimo costo personale facendo pagare le proprie spese legali alle istituzioni), riescono a narcotizzare l’attenzione di milioni di lettori sulle proprie nefandezze, inefficienze, incapacità, crasse ignoranze e imbrogli, semplicemente ottenendo la prudente sparizione di questi termini dal glossario dei giornali negli articoli che li riguardano. I politicanti hanno così ottenuto il raggiungimento della perfetta censura: l’autocensura  mirata.  Va da  sé che  la sistematica assenza di  campanelli  atrofizzi  l’attenzione, specialmente per argomenti e questioni a medio e lungo termine richiedenti l’attenzione consecutiva a molte letture. Siamo alla mercé di una deformazione informativa per certi aspetti peggiore di quella provocata dalle veline mussoliniane, che non nascevano da sole.
Per  poterci  indignare alle storture  dobbiamo perlomeno  sapere  che esistono.  L’attuale sistema
informativo, quando non le nasconde con la suddetta autocensura, le mimetizza, omogeneizzandole nel politicamente corretto. È ora di cambiare. Forse basta poco per cominciare: un accordo fra i giornali per un elenco pubblico e aggiornato dei politici dalla querela facile, consultabile a piacere, svelerebbe quelli più propensi alla viltà. L’occupare cariche pubbliche non è un obbligo, meglio fare il possibile affinché non risulti una facile piacevolezza per la genia dei ceffi.

 
Paolo Giardini