Intervista di Giuseppe Puppo a Giovanni Sessa sulla nuova idea-libro della

 



Domanda: State lanciando questa nuova idea-libro“Per quale motivo Israele può avere 400 testate atomiche e l’Iran nessuna?” dopo la pubblicazione nel 2011 del libro-manifesto della Nuova Oggettività. In che relazione è il secondo libro con il primo?
Risposta: Il primo libro ha avuto, come era nelle intenzioni originarie del progetto della Nuova Oggettività, un fondamentale ruolo registrativo. Dalle sue pagine è emersa, come ebbi modo di scrivere nella postfazione, l’identità plurale di un’area intellettuale oppositiva nei confronti della realtà che connota, esteriormente e interiormente, il mondoglobal. Area intellettuale unita, come dire, più dall’identificazione di un comune nemico, che non da un progetto culturale e politico effettivamente definito e condiviso. Credo, comunque, che il carattere più evidente della situazione attuale sia significato dal termine crisi.Laddove quella economica, che molti di noi patiscono in termini diretti, non è che la manifestazione superficiale di un fenomeno che agisce all’interno delle coscienze colonizzate dai fatui bagliori utilitaristici e mercantili. Ecco, l’aspetto “positivo” della crisi sta nel rendere evidente la fine delle false certezze attorno alle quali è stato costruito esistenzialmente, prima che sotto il profilo politico istituzionale, l’Occidente contemporaneo. E’esattamente questo il luogo nel quale la Nuova Oggettivitàdeve diffondere il proficuo germe del dubbio. L’azione intellettuale del secondo libro della Nuova Oggettivitàdeve provocatoriamente mostrare, nella domanda senza risposta diretta, i limiti solo apparentemente invalicabili del “politicamente corretto”, ma allo stesso tempo far rilevare come il nostro, sia effettivamente il tempo delle “Domande fondamentali”. A esse è indispensabile e necessario rispondere dando, finalmente!, nuove coordinate teoriche all’azione storico politica. Si tratta di rintracciare una modalità ulteriore di comunicazione culturale, lungo la strada che, tutti ci auguriamo, condurrà ad “Altre Sintesi”, oltre gli orizzonti mercificati che il presente propone, ma anche oltre il già visto e sentito, prodotto in passato da aree oppositive ben presto, negli uomini oltre che negli atteggiamenti ideali, riassorbite dal sistema. Siamo chiamati a un compito complesso, siamo davvero di fronte al punto zerodel mondo sorto al termine del II conflitto mondiale. E’ la fine del “lunghissimo” Novecento. Questo libro, pur nella modestia che ci contraddistingue, è un tentativo di individuare e di indicare una Via, di trovare delle risposte. Il silenzio non è più consentito. E’ consenso al presente.



Domanda:Non crede che l’obbligo di non rispondere alla domanda del titolo sia una fuga dalla responsabilità?
Risposta: Assolutamente no! Innanzitutto perché, come ricordato, la Domanda senza risposta, traccia i confini, almeno nell’ambito geopolitico, del “politicamente corretto”. Ciò significa che, in qualche modo, il suo domandare può condurre altrove, anche al fine di evitare manicheismi e dualismi contrappositivi, essenzialmente sterili. Inoltre, come bene ha detto Giovannini, la Domanda rinvia a scenari drammatici, sotto il profilo dei rapporti di forza internazionali, collegati ad altre problematiche. Non per tutti l’interrogazione in questione, presenta in sé il tratto di fondamentalità, che taluno potrebbe attribuirle. Ogni autore, pertanto, potrà liberamente rispondere a quella che ritiene la Sua Domanda fondamentale, in piena assunzione di responsabilità.



Domanda: Ma allora perché avete scelto questa questione fra tante possibili?
Risposta: Naturalmente perché è una delle questioni centrali del nostro tempo. Per di più è uno dei problemi contemporanei sui quali, in alcune circostanze, si sono registrate significative convergenze trasversali. Di esse, per ripensare e rielaborare un patrimonio di pensiero, al fine di attualizzarlo, vi è urgente bisogno. Gli steccati vanno abbattuti, superati, è alle sintesi che bisogna mirare. Per quanto mi riguarda, se mi si chiedesse oggi quale ritengo essere la priorità del nostro tempo, quale la domanda fondamentale, risponderei che essa va individuata, ancora una volta, ma non si tratta di passatismo, nella questione sociale, da leggersi parallelamente alla carenza di spiritodel nostro tempo. Cosa che, a differenza di quanto credono molti, ha poco a che fare con la dimensione strettamente religiosa e fideistica, ma che rinvia al sottotitolo di questa seconda pubblicazione, l’Impero interiore.



Domanda: Vi aspettate clamore mediatico e/o risposta intellettuale?
Risposta: Un progetto come il nostro, per usare le parole di Gian Franco Lami, che ad esso aderì fin dall’inizio, si configura come una filosofia dell’Ordine. Essa, per definizione, è anche una filosofia dei pochi, in quanto implica un radicale cambio di cuore, un voltarsi in direzione del vero che, per forza di cose, almeno all’inizio del percorso, non può che coinvolgere una minoranza. Ci muoviamo senza tener troppo conto del dato di “mercato”, che domina i nostri giorni, in quanto abbiamo la motivata convinzione che, alla lunga, il progetto in questione possa essere un momento aggregante e di rilievo. Esso, come più volte mi è capitato di ripetere rappresenta unafilosofia della speranza,in quanto muovendo dal pensiero di tradizione, che ripropone nel tempo, anche nell’età ultima, la vigenza dell’Origine, mira a realizzare il sempre possibile.In questo senso, nonostante sia certo che il silenziatore mediatico calerà anche questa volta sull’iniziativa, ritengo che una risposta intellettuale, più ampia di quella avuta dal Libro- Manifesto, ci sarà. In ogni caso è necessario sempre fare ciò che deve essere fatto, se non altro per vivere in pace con sé stessi.



 

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