Nunziante futurismo e dintorni


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ROSARIO NUNZIANTE: IL PITTORE DELL’IO

Incontrai la prima volta Rosario Nunziante a Parigi nella primavera del 2009, all’ombra della Tour Eiffel, dove l’artista stava cercando di ripercorrere a ritroso il percorso storico dell’idea futurista. Quasi per reinventare il suo ruolo di interprete del mondo e delle sue rappresentazioni, nonostante le prospettive metafisiche che l’autore ha posto da tempo al centro dei suoi lavori. Nel pieno delle celebrazioni del Centenario del Manifesto di Marinetti, Nunziante, ritrovava sulle rive della Senna le ragioni profonde del suo slancio visionario, che proprio nel futurismo trae le suggestioni più rilevanti della sua opera. La concezione dell’io e il fascino delle ombre che pervadono e rendono poetico il passo delle sue scansioni creative. Temi questi ultimi, tra essi naturalmente intrecciati, sui i quali Nunziante ha incentrato il suo piano narrativo, fissandone gli impulsi e le sensazioni come nuova teoria generale dell’arte. E a giusta ragione Nunziante può essere definito il pittore del’io. Una descrizione, se non un’autentica analisi, che si affida a una memoria prodiga e  violenta, per quanto densa di accenti spirituali. E Nunziante (nato nel 1963, si è trasferito da Torino a San Lorenzo al Mare, in provincia di Imperia, dove vive e lavora) non è certo artista dai toni accesi. “L mia finale è una sinfonia” ripete Nunziante a chi gli chiede di svelare il senso della sua esperienza. Un destino quello che si prepara Nunziante dalle complesse tinte cromatiche, dalle ricercate e puntigliose programmazioni intuitive. L’intuizione è in Nunziante  il ponte tra l’io e l’universo, tra l’essere e il divenire. Si tratta di ponte sottile, che ricorda il concetto della kantiana critica del giudizio. Un’autentica visione dell’estetica, che Nunziante ha saputo formulare con sapiente abilità. Lontano da irreali o artificiali maschere descrittive Nunziante grazie al suo bravo riferimento didattico all’io ci offre un omaggio doveroso all’arte, relegando agli spazi vuoti della retorica il lascito di una cattiva pittura che mai si rinnova e resta prigioniera e vittima di se stessa. Va con il suo talento oltre il limite di questo mondo ingessato Nunziante, mette in scena la un disegno non minimale, con un coraggio subliminale che fa di lui uno dei pittori più interessanti del panorama artistico europeo.”Sono qui, sembra dire l’artista, temendo di non esserci”. L’allegoria è la vera sfida di Nunziante. Mi piace ricordare a questo punto l’efficacia del suo progetto professionale. In opere come “Meditatio” (si legga il mio commento su “in poche righe”: MEDITATIO di Casalino Pierluigi) e ne “La Chiave” (più noto come “L’invenzione dell’Eden”, da me recensito su “Asino Rosso”: L’INVENZIONE DELL’EDEN di Casalino Pierluigi) la pittura ha a che fare con un istanza di verità straordinaria, senza tradursi in menzogna o sortilegio verbale. La sfida di Rosario Nunziante è tutta qui: mostrare di nuovo l’esistenza stessa non certamente come trauma, in quanto imperscrutabile, persino dietro la superficie e la superficialità dei consumi opulenti. “E’ reale ciò che non è controllabile - dice sempre Nunziante -  come la bonaccia di una distesa marina sotto l’influenza sulfurea di un tramonto. L’esperienza è anzitutto non accettare la propria passività di fronte allo scorrere degli eventi nel contesto di un universo infinito e indefinito ad un tempo”. La quotidianità appare in genere increspata da movimenti disturbanti o da improvvise ed inopinate anomalie, mentre l’esperienza di Nunziante ci dischiude il suo cuore e ci dimostra quanto il reale non sia irreparabile. Lui non ha bisogno di estremizzare nulla. E’ la risposta a chi ci parla di quel trauma ineliminabile che è la condizione umana, che ci ricorda la lezione di Malraux, pur dentro un’epoca dell’assenza apparente di trauma, un trauma che esso stesso appare drogato e privato della stessa libertà di soffrire.

Casalino Pierluigi, 7.12.2011.