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LA FASE MATURA DEL MISTICISMO ISLAMICO E IL SUO SIGNIFICATO.

All'inizio del IV secolo dellì'ègira, il Sufismo, cioè la corrente mistica dell'Islam, raggiunge la sua maturità. Le sue pratiche sono ormai fissate, la dottrina tracciata nelle sue grandi linee. E'ora il momento di approfondire la ricerca, allargare le basi, diffondersi in seno al mondo islamico, promuovere l'attività missionaria fuori dei suoi confini. In questa fase dell'Islam l'influenza sciita (e iranica) è all'apice, mentre il califfato abbaside, ridotto all'impotenza, è prossimo a soccombere. Il Sufismo è dunque chiamato a svolgere un ruolo di primo piano all'interno di questo antagonismo, anche se si tratta di un'azione non facile. Pur condividendo i sentimenti filo-alidi con grande maggioranza dei musulmani, i Sufi sono accusati di essere agenti sciiti. Il processo di Halla^j è un esempio di tale rischio. Non mancano a questo proposito casi di mistici sufi che si proclamino Mahdi, e una evoluzione del genere nel contesto delle confraternite sufi è sempre possibile. Il Mahdismo è un fenomeno che comporta un aspetto politico e ci sono sufi che fondano stati di ispirazione sciita: così lo stato dei Sarbada^dar, nel VII secolo dell'ègira, nel Khorasan, e, soprattutto nel secolo successivo, quello dei Safavidi, la grande dinastia musulmana iranica, che dalla fede sunnita passa allo sciismo e, con il concorso di altre genti, fonda appunto uno stato sciita in Iran. Da questo momento, sufi di tendenza sciita vengono spesso sospettati di essere al soldo della propaganda politica e dello spionaggio safavide: molti mistici turchi pagheranno con la vita le loro convinzioni. religiose e i loro atteggiamenti spirituali saranno condannati come eversivi dal potere sunnita. Di solito, tuttavia, i sufi non hanno aspirazioni politiche: il loro attaccamento alla famiglia di 'Ali^ è meramente sentimentale e si concilia anche anche con la tradizione sunnita, dalla quale non intendono separarsi: il fatto che gli ulema sciiti li accusino di tale peccato (di sunnismo) è la prova lampante dell'estraneità della politica nella loro condotta; non è un caso, infatti, che nonostante che le idee dei sufi in larga misura siano affini a quelle sciite, le idee dei sufi presentano una veste sunnita. In realtà i mistici sufi offrano un'ancora di salvezza alle anime tormentate nel nome dell'amore di Dio al contrario delle associazioni segrete ismailite che si prefiggevano scopi politici di rottura con il resto dei credenti nell'Islam. Le superiori esigenze spirituali dei sufi mirano ad evitare la disgregazione della comunità dei fedeli musulmani e a preservare l'unità di essi. Alcuni governi traggono profitto da questa situazione. Al momento della restaurazione sunnita nella seconda metà del secolo V dell'ègira, la predicazione e la propaganda (anche violenta) ismailita costituisce una grande minaccia per l'establishment islamico in genere. Il gran vizir selgiuchide, Nizam al-Mulk, favorisce pertanto la fondazione di madrase, scuole per teologi, e di conventi sufi: circostanza quest'ultima che è intesa a contrastare la teosofia ismailita promossa dal Cairo. I sufi, peraltro, insegnano una loro teosofia esoterica e iniziatica affine agli ismailiti, ma opposta nelle intenzioni. Nonostante la difesa del sunnismo, gli ulema sunniti diffidano dei sufi e li accusano non di rado di empietà. Il sufismo, comunque, non ha bisogno di essere conciliato con l'ortodossia musulmana. La storia del Sufismo porta con sé straordinarie conquiste spirituali ed ascetiche e diventerebbe tedioso e lungo affrontarle in questa sede, né avrebbe senso. Basta citare, per concludere, la metafisica della luce proposta da Suhrawardi^, lo shaykh al-ishra^q, con la quale contrappone, come filosofia orientale, un teoria illuminativa all'aristotelismo di Ibn Sina^ (l'Avicenna dei latini), rielaborando una visione angelologica delle idee platoniche.
Casalino Pierluigi, 28.05.2014. 

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