Giovanni Sessa e la meraviglia del nulla: Dopo Emo

Alcune brevi note sulla presentazione milanese del libro "La meraviglia del nulla…"

a cura di Sandro Giovannini



Nella storica aula 104 della Statale di Milano a cura della Bietti e della Società Romana di Filosofia Politica è stato presentato nuovamente il libro di Giovanni Sessa "La meraviglia del nulla. Vita e filosofia di Andrea Emo", Bietti, 2014. Ha coordinato Davide Bigalli, introducendo i relatori e lasciando generosamente ad essi tutto lo spazio espressivo, preliminarmente sottolineando l'importanza della monografia organica sul filosofo veneto, impresa filosofica che collabora utilmente al fondante lavoro esegetico di Donà e Gasparotti, curatori ufficiali nell'arco di pubblicazione dell'opera integralmente postuma di Emo e datori di senso lungo il crescente interesse che da qualche decennio insegue, tra sconcerto ed entusiasmo, la scoperta della sua innovativa (e gratuita) vita filosofica. Di seguito sono intervenuti Romano Gasparotti, Massimo Donà, Carlo Sini ed infine l'autore Giovanni Sessa.



Gasparotti ha centrato il suo intervento sull'avventura dell'immagine in Emo, azione che si fa presente costantemente nel suo linguaggio denso e paratattico con una innegabilità iconica ma assieme iconoclastica nel momento medesimo del suo perenne emergere dal nulla alla realtà del soggetto e nella sua incontrovertibilità autonegantesi, in quanto perennemente confrontata con la sparizione e la perdita di valore estrinseco, ponendo proprio l'evento del farsi arte ed atto in uno oltre la reificazione sempre in agguato. Questo realizzando il massimo di libertà possibile nel soggetto individuato dalla sua propria vacuità e dal suo proprio destino, il tutto sotto l'egida di una energeia, sempre riveniente nella dinamica del soggetto, ma in realtà sempre con spettatori diversi, non prevedibili ed intrinsecamente inoperanti ed invece con l'attore che trasforma, di volta in volta, l'immagine in azione parlante. Come a dire… in principio dal nulla ri-sorge l'immagine/agente… In tal senso ha più volte riscontrato la centralità del dato artistico/creativo dell'interpretazione emiana di Sessa, nei vari ampi ed approfonditi paragrafi della sua ricostruzione critica. Gasparotti ha voluto sottolineare una possibile lettura (anche paradossale) dell'attualità emiana, entro ed oltre lo stesso transattualismo indicato da Sessa come parametro o contestualità complessiva… Donà, virando da un quadro inizialmente analitico ad uno più fortemente sintetico, ha costantemente inseguito, nel suo progressivo avvicinarsi, per accumulazioni di evidenze non facilmente confutabili, la riproposta sfuggente novità emiana sul nulla che emerge e centra. Apparentemente contraddittoria ma invece appunto ossessivamente messa a fuoco… un'assenza che nel suo stesso farsi avanti, superando ed inverando insieme l'antica rappresentazione occidentale, porta in sé ogni aporia e storia dei concetti filosofici tipici dell'occidente pensante e riesce a farlo senza distruggere la stessa sostanza dei medesimi concetti tradizionali dell'approccio metafisico di essere/nulla, permanenza/divenire, ma risistemandoli nel suo universo di grandenulla costantemente presente. Il tutto con la sconvolgente novità dell'individuarsi assoluto di ogni rappresentazione nel suo evenire dal nulla alla presenza, nell'atto stesso che 'existe' in "questo qui" ed è "solo questo qui", non altro, e non indifferentemente sostituibile, seppur sempre categorialmente individuabile. La sconvolgente evidenza della presenza materiata, singolare e pur giustificata, del nulla, rompe le sempre sopravvenienti dinamiche dicotomiche, ben evidenziate da Sessa nella sua visione critica e giustifica una meraviglia, non atona ed incapacitante, ma motivata, attiva ed evocativa. Donà, poi, senza scomodare alcuna contiguità con logiche afferenti ma differenti (tipo quelle della fisica ultima o della neuroscienza), ma solo sapientemente attenendosi alla stessa evidenza della dinamica concettuale classica, ha saputo con incisività brillantissima e significante, mostrarci i limiti della convenzionalità linguistica, la sua contraddizione rivelatoria nella propria assoluta potenzialità, ed in questo ha riconosciuto alle contiguità emiane con il pensiero della sua epoca un valore contestuale ma ha segnato il dato della potente novità del suo rivolgimento copernicano. Carlo Sini ha voluto cogliere, quasi riassuntivamente, gli elementi principali della lettura critica nel testo Bietti e dei precedenti interventi di Gasparotti e Donà, anche con alcune illuminanti letture testuali dal libro di Sessa. Richiamando anche la sua lunga esperienza del farsi auto/critico della filosofia nelle sue variate stagioni e mode, dall'idealismo alla fenomenologia all'avvolgente teoria del linguaggio e sotto l'influsso della spesso distorcente contestualità mondana e del loro duplice necessitato rapporto, appena si esca dalla stretta necessità comunicazionale, quindi del rapporto necessariamente dialettico tra filosofia che si fa creativamente e filosofia che si autoracconta e quindi tra teoresi e storia della filosofia, ha colto un primo elemento nella totale "inattualità" del pensiero emiano, ma inattualità positiva come vera capacità di singolare sintesi teoretica del filosofico e quindi d'unica autentica filosofia, in simpatica o simpatetica ripresa della lettura di Gasparotti, proprio per la forza intrinseca del pensiero pensante di Emo, ovvero della novità interpretativa immessa nella logica tecnicale dei medesimi concetti filosofici. Dialettica che crea e quindi non riproduce le stesse cose con variazioni sia pur di rilievo ma rompe paradigmaticamente il lungo percorso della concettualità filosofica, almeno nel campo dell'attenzione continentale, quindi sostanzialmente lontano dalla sensibilità analitica, sia pur ritrovandosi anche in Emo, una straordinaria attenzione fenomenologica, non tanto nella teoresi di se medesima, quanto nella pratica di ricerca costante su specifici temi favorita da un'acribia ossessionata e calzante e da una straordinaria attenzione all'ascolto delle minimalità costanti, commiste stupendamente in lui sempre alla più elevata sintassi ideale. Il tutto sottolineando la costante dell'individuazione, già indicata con estrema precisione da Donà, fuori quindi dalle semplificazioni (e/o volgarizzazioni) di moda o di maniera. L'intervento di Sini ha preceduto con ampiezza magistrale l'ultimo intervento fatto dall'autore del libro che ha compiuto un veloce ricapitolo delle ragioni fondamentali che lo hanno portato a questo lavoro su Emo. Nella sua storia ideale tra tante diverse suggestioni ha individuato nella lezione di De Felice mutuata tramite Lami e nella lettura anche di Lukásc del Giovane Hegel un composito momento di interesse per libertà della politica e nella politica che ha trovato in Emo, Evola, Martinetti, Colli sempre nella loro presenza/distanza e nella tradizione che nasce modernamente dall'Altro Romanticismo di Heidelberg, alcuni pur ben diversi stimoli per un'espressione più matura di quel lavoro su idealità e materia, su essere e nulla, su concetti fondanti come l'archetipico, il sempre possibile, per una maggiore libertà individuale e comunitaria, nel nostro ormai evidente orizzonte di re-inizio post-democratico. Il lungo lavoro critico su Emo è comunque l'attraversamento, paradigmatico e crediamo in molti davvero prodromico, di un orizzonte di ricerca sia in termini di contestualità filosofica che di nuova progettualità ideale. Porta con un nuovo attento sguardo e rinnovato forte coraggio cose perenni in un dibattito spesso sfibrato ed incapace di misurarsi con le domande sempre inevase, spesso aggirate od artatamente distorte.



Un incontro complessivo di raro interesse ed utile emozionalità. S.G.