Pierfranco Bruni: la grande provocazione contro l'ideologia di "sinistra"

napolitano_1956La filosofia  è soltanto di destra e resta nella tradizione della destra. La sinistra fa mera ideologia nelle rivoluzioni della sconfitta e diventa barbarie

di. Pierfranco Bruni

Non esiste una filosofia di sinistra. Non c'è mai stata. Esiste una ideologia di sinistra, che ha cercato di imitare quella filosofia che è stata incarnata come religione dell'essere in uno modello che ha assunto sempre una strategia politica. Non esiste un pensiero profondamente metafisico collegato ad una visione di una idea legata ad una cultura progressista.
Il pensare filosofico pone al centro l'uomo e il divino. Maria Zambrano ha colto questo vissuto che è esistenziale concettuale spirituale.
Porre al centro l'Essere diventa una questione tra la focalizzazione dell'uomo come sapienza tra l'umanesimo del tempo e l'ontologia dell'anima. La visione della "prassi" è ideologia, non è filosofia. Sia Marx che Gramsci (che nasce come allievo e resta tale anche sotto il maestro Giovanni Gentile) hanno strutturato una ideologia della stanchezza e attraverso la "pragmatica" non hanno mai capito, per mancanza sia di formazione sia della prevalenza del "moralismo dell'invidia", il senso dell'estetica.
L'ideologia non ha estetica. La filosofia sì. Il marxismo è distante dalla visione di bellezza di eleganza di stile. Giovanni Gentile, ucciso 70 anni fa da squadre comuniste, aveva posto come riferimento del linguaggio filosofico, appunto, l'estetica. Lo stesso Benedetto Croce era partito, nel 1903, con l'interpretazione letteraria ponendo dei valori estetici. L'ideologia ha cercato di uccidere l'estetica proponendo la storia e contrapponendola, attraverso il realismo, al concetto di bellezza.
Ciò vale non solo in filosofia, ma anche in letteratura. Non c'è un romanzo del Novecento italiano che possa definirsi, osservato dalla finestra della bellezza e della estetica del senso, romanzo della durata collocabile in quella visione culturale di sinistra. Tutti i veri (e grandi romanzi) punti di riferimento della letteratura del novecento nascono all'interno della filosofia di destra.
Un altro discorso è la questione relativa alla gestione della cultura. C'è una letteratura di sinistra che vive di pochezza di provvisorio e di un linguaggio rarefatto e in molte occasioni distante da una dimensione del bello.
Nella filosofia di destra c'è quel senso del tragico che diventa linea portante sul piano letterario. Da Nietzsche a D'Annunzio. Da Pascoli (vero antesignano del fascismo) a Ungaretti. Da Giuseppe Berto ad Alberto Bevilacqua. Prima ancora: da Prezzolini a Papini. Solo esempi per una sintesi ragionata. Da "Così parlò Zarathustra" ad "Essere e Tempo" di Haidiggher. Da Pirandello a Pavese. Ci sono non solo indicazioni che intrecciano filosofia e letteratura, ma processi in cui il sentimento dell'essere è uno spazio metafisico tra il superamento della storia e l'idillio tra il personaggio l'io e la metafisica.
Dentro questa visione il pensiero tradizionalista ha delle radici profonde che trovano la loro chiave di lettura nell'intreccio tra Marsilio Ficino, Vico (tanto studiato da Gentile), Campanella e Giordano Bruno. Una visione mediterranea della civiltà filosofica e mai un prassi "internazionalista". Il pensiero che si chiama moderno nella contemporaneità nasce nella tradizione occidentale greco  - latina e in quell'ontologia dello spirito che è l'Oriente anticomunista sia musulmano che tibetano.
Insomma la filosofia nasce nella tradizione che è quella del Dante della Eloquenzia e del Convivio e della Virtus di Machiavelli, che resta non un "dottrinario" della politica ma un filosofo della politica al centro della formazione mussoliniana.  Il gramscismo dominante nelle strategie culturali moderne è una leggerezza che non sfiora assolutamente la filosofia. Il pensiero gentiliano tocca sempre l'estetica dell'arte e della filosofia che è pedagogia.
L'altro elemento é, appunto, la pedagogia. Anche in questo "progetto"  il tradizionalismo di destra ha avuto una sua funzione e continua a manifestarla dal punto di vista culturale ponendo una crisi di coscienza dura al milanismo pressapochista, che è stato portatore di una debolezza del pensiero con la fragilità culturale di intere generazioni.
In questi caso il mondo cattolico ha pesanti responsabilità. Smesse le lezioni che vanno da Pascal a Maritain, (le cui letture paoline erano un obbligo per una spiritualità preconciliare intensa) ci si è trovati a fare i conti con l'abbinata don Milani - Gramsci nel banalissimo e stupido concetto di "I care". Ovvero una "dottrina" senza filosofia e quindi una non dottrina, ma una prassi del relativismo che ha subordinato la pesantezza dell'estetica dei linguaggi alla leggerezza del nulla del tutto è accettabile e del tutto è possibile.
Due elementi nella disciplina del rapporto tra filosofia e pedagogia: le regole e l'ordine. Sono accoglienze nella vita dei popoli e delle civiltà. Per la prassi gramsciana (e in molti settori cattolici) non può sussistere un pensiero filosofico forte (esempio: da Schmitt a Wittgenstein, da Plotino a Dostoevskij, da Seneca a Camus da Ratzinger a Manlio Sgalambro, dai mistici sufi ai camminatori dei Lama in un percorso di pensiero metafisico e ontologico) oltre il diritto alla forza stessa della parola. Mentre quel pensiero debole, che non può essere pensiero perché il pensiero è tale solo se ha un senso nella volontà di potenza, certifica la fragilità della nostra attuale temperie. Non è un discorso aperto. È completamente chiuso e sul quale tutto è. La filosofia se è filosofia è nella tradizione della destra. La sinistra confonde come sempre gli stili e le strategie. La sinistra non fa non ha filosofia e non propone filosofia. È soltanto ideologia.
La destra è metafisica dell'anima nel confronto con il tempo (Borges, Mann, Kafka, Tomasi di Lampedusa, Grisi) e la filosofia è il tempo zambraniano dell'Anima e mai delle  "Cose".
La filosofia è Rivelazione. L'ideologia cerca la rivoluzione e incontra la barbarie (da André Glucksmann a Bernard -Henry - Levy).