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Ri – orientamenti occidentali

Il malinteso spiritualista

di Luigi Sgroi



Ha da poco passato il secolo il momento storico da cui è partito un nuovo crescente interesse per l'Oriente da parte del laico Occidente. Fu infatti verso la fine del IXX secolo che dall'America, al "Parlamento delle Religioni " di Chicago, partì quello slancio di nuovo interesse verso le religioni orientali che, da lì a qualche decennio, sarebbe divenuto prima un orientamento (teosofismo, antroposofia, interesse per i fenomeni psichici), poi un "must" strumento di fuga dalla religione cattolica (movimenti "on the road", cultura "pop", "new-age") e infine una moda, una sorta di prodotto da centro commerciale della spiritualità (dalla fiera del biologico, allo zen contro lo stress) .

Nelle varie elaborazioni articolate che si sono succedute in quello che per antonomasia è stato il "secolo veloce", o breve, il Novecento, una serie indefinita di interpretazioni e commenti sull'Oriente spirituale sono state messe a disposizione di ricercatori, lettori appassionati e curiosi dell'ultima ora. Il risultato di questa operazione mediatica e culturale è stato il crescente interesse per quello che in realtà non è stato un autentico ri-orientamento, ma per quello che l'Occidente contemporaneo ha voluto vedervi, spesso a scapito di studi seri e approfonditi e a favore di operazioni sincretistiche. Operazioni queste, tese a ricercare quel che serve a convincere se stessi di pregiudizi già preconfezionati e definiti, più che per conoscere realmente come stanno le cose. A parte il contributo legittimo e coerente di alcuni studiosi il cui operato è giunto al vasto pubblico solo di recente, normalmente quando si parla o si scrive oggi di filosofia o religioni orientali, (locuzioni anch'esse non prive di una certa contraddittorietà di contenuto) ci si arresta all'affermazione triviale e di comodo che accontenti il curioso o si crede di avere capito tutto perché si citano (spesso a sproposito) centri coscienziali sottili, forze occulte serpentine, formule mutuate dalla fisica quantistica o dall'evoluzionismo. La cosa si aggrava quando alla voglia di stupire o all'ingenuità in buona fede, si sostituisce l'idea che Oriente significhi aver facile accesso alle droghe, praticare il sesso libero e trasgressivo, diventare buddista grazie all'amica del piano di sotto, fare un corso di illuminazione.



In realtà ciò che l'Oriente intende trasmetterci è qualcosa di molto più semplice e allo stesso tempo molto più complesso di tutto ciò. E' più semplice per quello che invece l'occidentale crede essere articolato e strutturato secondo i "suoi" schemi mentali, ed è infinitamente più complesso per quel che riguarda le attitudini, il senso delle cose, l'approccio intellettuale, in senso ampio: lo stile. In breve, per quel che concerne la tradizione da cui dette cose hanno origine e che sfuggono alla logica commerciale e perfino sociale degli eventi. L'indù ad esempio, è tale per nascita, per elezione, e non per suo volere o aspirazione sociale o politica. Così l'orientale, sebbene meno colto dell'orientalista, veste più profondamente del secondo lo spirito autentico della tradizione perché la sperimenta e la applica naturalmente, involontariamente e quotidianamente. E mentre l'occidentale separa i saperi e li usa analiticamente nella vita quotidiana, l'orientale considera i saperi come sfaccettature integrate dell'unica realtà tradizionale.



Crediamo dunque e forse non a torto, che l'occidentale abbia sì a guadagnare dal confronto più o meno consapevole con il modello tradizionale orientale ma, pena il fallimento del suo tentativo, sempre che di tradizione si tratti e con la possibilità che quest'ultima sia un elemento di rilancio verso quella che è la propria tradizione d'origine, di cui ogni popolo e ogni civiltà dispone in vari modi e in abbondanza, se la si cerca in spirito e verità. Infatti, il percorso verso una meta che abbia una qualsivoglia finalità spirituale, per quanto lungo e faticoso è, alla distanza, più fruttuoso di un accesso subitaneo a quella che si crede essere una verità farcita di pseudo-concetti e nomi altisonanti che spesso non sono altro che l'ennesimo gioco con cui l'Ego trattiene l'individuo dalla sua reale Emancipazione. La ricerca spirituale è ardua, lunga e rigorosa e richiede rinunce piuttosto che elargire gratificazioni. Solo il riferimento ad una tradizione autentica inverata da una lunga catena di maestri costituisce la prova e la certificazione che il percorso intrapreso è valido.



L'uomo occidentale calato nella realtà di oggi è il più lontano dalla spiritualità così come le tradizioni ci hanno insegnato. E tuttavia proprio per questo e quasi per uno straordinario gioco di paradossi, i doni che riceverà, qualora dovesse conoscerne le molte manifestazioni, saranno maggiori di chiunque altro vi si sia cimentato nelle precedenti età e cicli storici. Sarà il compimento sublime di quel cammino perenne che da sempre ha reso l'uomo simile al divino.