Pierluigi Casalino : il mito di Elpenore nell'Odissea


 

 
LINGUISTICS

IL MITO DI ELPENORENELL’ODISSEA

Non esiste alcun mito delmondo mediterraneo e mediorientale in cui il ritorno da una discesa negliinferi non richieda in cambio che un altro, legato da vincoli stretti a coluiche è destinato a morire due volte, sia consegnatoprematuramente alla morte come debito necessario e come dono sacrificale. Inrealtà nemmeno il mito della discesa di Ulisse fa davvero eccezione:semplicemente il “mitologema” del riscatto qui non è esplicito, ma si nascondenell’incidente verificatosi alla partenza per la terra dei morti che è costatola vita al suo compagno Elpènore, il compagno più giovane didell’eroe, a cui manca tutto ciò che distingue Odìsseo, rappresenta infatti il“doppio invisibile” dell’Ulisse errante sul mare alla ricerca di Itaca perduta;egli è “giovane”per quel viaggio che è cominciato da poco, all’indomani dellacaduta di Troia, e non può essere valoroso in battaglia, perché la funzionepsichica inconscia che in lui si rappresenta non è la pulsione aggressivadell’Io eroico e non riguarda i suoi aneliti verso la luce piena della gloria edel cielo, ma si esprime come forza che muove l’Io verso l’acqua marina, versola sua origine inconscia, verso la profondità oscura della sua ombra. La mortedistacca bruscamente Elpènore da Ulisse, ma proprio per questo essa inaugura undistanziarsi psicologico necessario e un riconoscimento altrimenti impossibile:così la perdita del compagno trasforma lo stato di “lethe” di Ulisse in“alétheia”, la sua inconsapevolezza in coscienza, la sua negligenza in onore.Il primo atto del ritorno da Circe sarà per Elpènore: per lui Ulisse compirà iriti funebri, per lui piangerà insieme ai compagni superstiti. Poi essi pianteranno sulla sua tomba l’insegna che l’ombra deldefunto aveva chiesto: non l’arma inflessibile degli eroi valorosi, bensì unsemplice remo di legno, smussato dalle rotte marine. Questo simbolo di eroismotanto diverso da quello dei conquistatori e dei guerrieri testimonia l’invitoalla “memoria” che l’apparizione dell’ombra di Elpènore determina e richiede (Odissea,XI, 69-71), perché Ulisse non dimentichi, un autentico “memento” per l’eternitàdel compagno morto. E affinchè l’Io dei naviganti non dimentichi la forza (el’energia) invisibile che lo muove quando, lasciata la terraferma, vaga su queisentieri non segnati che si inoltrano nelle profondità del mare aperto, verso imondi inconsci dell’anima. Ecco il mare è la terra, la continuità dellosguardo, la sola via di fuga e di sopravvivenza, l’aprirsi verso nuoviorizzonti senza tempo e senza spazio.

Casalino Pierluigi,27.12.2011.