Trattasi di saggio filosofico, e detta così la faccenda butta già al serioso. Mi sono lasciata irretire alla lettura da un paio di cosette: lui, Marco Bertozzi, insegna a Ferrara, il fatto che insegni Filosofia teoretica avrebbe dovuto farmi fuggire subito; il libro mi è stato consigliato da un bibliotecario dell’Ariostea (beh, è molto più di questo, ma soprassediamo): nel raccontarmi di questo volume le sue parole sono state “sarebbe interessante vedervi in duetto, lui che parla della filosofia applicata al delitto e tu che fai uno show parlando dei tuoi crimini”. Ecco come la gonza cade nel tranello! Non che io abbia in programma d’andare a fare uno spettacolo (io non faccio presentazioni, quelle non mi riescono mai) all’Ariostea, ma ormai il “pulsante della curiosità” era stato premuto.
Eccomi quindi alla Melbook di Ferrara, dove si trovano i saggi? Dove sono i libri di filosofia? Questo già vi dà l’idea del mio essere capra in materia. Non del tutto digiuna – devo essere sincera – ma ai tempi del Liceo il professor Lupo preferiva darci lezioni di Storia. Durante le ore di Filosofia ci parlava dei suoi ulivi, lui è di Salerno. Non ho mai avuto nulla da ridire sugli ulivi di Lupo – pare che lui li chiamasse per nome, tutti – e nel tempo ne ho persino piantato un esemplare in giardino (preso in vaso al Self, una bottiglia d’olio in regalo, ma questi sono dettagli… perché nel frattempo l’ulivo si è fatto grande e se non lo tengo potato diventa un salice!).
Qualche tempo fa si parlava di due volumetti dedicati alle facezie dei filosofi, cosa che su facebook ci è valsa l’epiteto di “mediocri”. In effetti, si capiva là e si capisce qui, in filosofia ai miei tempi me la cavavo, poi l’ho dismessa assieme agli sci e alla chitarra classica. Eppure la curiosità va oltre, molto oltre le possibilità che il buon Dio ha dato alle nostre teste, tanto che anche una zuccona – pur capendo i propri limiti – ha deciso di leggersi per intero “Il detective melanconico e altri saggi filosofici”.
Il titolo non tragga in inganno: questo è un libro serissimo, erudito e colto. Ma con un atteggiamento di fondo, esplicitato, raccontato e motivato: quello del detective che un po’ per caso un po’ per noia segue tracce e scopre indizi. Solo che qui tracce e indizi sono sparsi in opere d’arte o di letteratura o di filosofia: dalla “Melencolia I” di Dürer al trattato sul romanzo poliziesco di Siegfried Kracauer, alle alchimie nascoste negli affreschi di Palazzo Schifanoia o agli enigmi del Tempio Malatestiano. Il dedalo dei riferimenti, delle citazioni, delle assonanze si snoda di pari passo al rigore del filologo e alla leggerezza del narratore, alla tenacia dell’epistemologo e alla complicità dell’appassionato....
G.
GUMWRITERS continua
Alla Mecca il profeta preferito dai musulmani era Mosè; a Medina il suo posto fu preso da Abramo, e Maometto trovò ottime risposte da opporre alle critiche degli ebrei:lui e i suoi musulmani erano tornati allo spirito più puro della fede (hanifiyya) proprio di quegli uomini che erano stati i primi muslim a sottomettersi a Dio. Non sappiamo fino a che punto Maometto abbia condiviso il desiderio di alcuni arabi degli insediamenti di tornare alla religione di Abramo. Nel Corano non viene fatta menzione della piccola setta meccana hanyfiyya;e la figura di Abramo prima delle sure medinesi fu oggetto di scarso interesse. Tuttavia, sembra che in questo periodo i musulmani chiamarono la loro fede hanifiyya, la vera religione di Abramo. Maometto aveva quindi trovato una via per confutare gli ebrei, senza abbandonare l'idea centrale della sottomissione a Dio anziché a una mera espressione terrena della fede, e la rivalutazione dell'importanza di Abramo gli permise di approfondire tale c...