Piccioni Viaggiatori a Ferrara? da Paolo Giardini

UFFICIO POSTALE MADE IN FERRARA

Un dizionario etimologico online dice che “Posta” è il nome dato al “Luogo assegnato per fermarsi, per attendere, e particolarmente per stazione di cavalli posta di distanza in distanza per servizio dei viaggiatori, e perché in queste stazioni si consegnavano e si ricevevano le corrispondenze”.

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L’etimologia di Posta è utile per chi riceve l’avviso d’andare in via Felisatti 24 a ritirare una raccomandata, luogo in cui fatalmente bisognerà “fermarsi” e “attendere” a lungo. Così a lungo che, date le peculiarità di un locale ospitale come una fermata dell’autobus, è conveniente recarvisi con uno sgabello e un libro da leggere (sconsigliati i giornali: bisogna allargare le braccia fra la ressa). Ne ho fatto esperienza giovedì 2 settembre 2010: sono entrato alle ore 12,28 prelevando il numero 20 dal dispensatore salvacode, mentre il totalizzatore luminoso indicava il numero 2 in corso. Ho dovuto attendere fino alle 13,01 prima che il numero 20 comparisse. Nell’abbondante mezzora i 17 utenti che mi precedevano sono stati serviti da due impiegate alla media di uno ogni 3,76 minuti, una media analoga alle performances raggiunte in via Cassoli nei prelievi di sangue. La spiegazione sta forse nel fatto che alla mutua muovono accortamente gli utenti, così gli addetti all’accettazione e ai prelievi non si spostano mai: finito uno subito un altro. In Posta non hanno ancora scoperto questa arguzia, e ad ogni richiesta le impiegate sgambettano verso il retrobottega sparendo in prolungate ricerche. Quando riappaiono non esplodono gli “hurrà!” dalla folla, ma solo perché noi indigeni fuori dall’Ipercoop siamo tradizionalmente poco espansivi.

L’ufficio raccomandate di via Felisatti è uno degli enigmi di Ferrara: la città è servita da un ufficio più piccolo di quello di una frazione, situato fra il vecchio grattacielo-slum e una stazione squalliduccia, adiacente ad un’area verde territorio di spacciatori di droga. Nonostante in città ci sia un monumentale edificio di Posta Centrale dal quale, se l’attesa è lunga, si può lasciare la sala d’aspetto (grande come quella di un’importante stazione ferroviaria, infatti il suo progettista era il designer delle ferrovie) ed andare a prendere un caffè con solo l’imbarazzo della scelta del bar. O si può fare due passi in centro senza immalinconirsi col grattacielo. Se hanno sfrattato le raccomandate dal Centro per dare i locali ad impiegati postali convertiti in improbabili promotori finanziari, la considerazione per l’utenza ha raggiunto il punto più basso nella storia delle Poste Italiane. Sul complice disinteresse-assenso dell’amministrazione comunale è meglio sorvolare: il grattacielo-slum è più seducente.

Paolo Giardini

http://www.progettoperferrara.org