da Il GIORNALE
*di Vittorio Sgarbi
Fra le forme di minorità del Pensiero debole che porta alle estreme conseguenze la visione penitenziale del catechismo controriformistico che vede la donna come simbolo del male, c’è il disprezzo della «carne». Il corpo, altrimenti detto «carne», è in realtà il tempio dell’anima e soltanto per questo dovrebbe essere esaltato, anche in una prospettiva cristiana. Invece, da secoli, viene fatto coincidere con la fonte di desideri peccaminosi, per chi non lo rispetti in modo astratto. Ma il desiderio è peccato? Due corpi che si stringono negano la spiritualità dell’uomo? A me è sempre sembrata una posizione assurda. Eppure continuano a sopravvivere contrapposizione fra corpo e anima, fra pensiero e piacere.
Di questa visione reazionaria e bigotta si è fatta interprete con le sue sgangherate dichiarazioni una scrittrice sarda che si pensa progressista e veste senza pudore Berlusconi, pubblicando i suoi libri con la casa editrice Einaudi, proprietà del premier, senza vivere i tormenti del teologo Vito Mancuso e di altri che avvertono l’impudicizia di fare i moralisti e di prendere i soldi da Berlusconi. Così, senza accorgersene, entra in un vicolo cieco Michela Murgia affermando, a proposito di assolutamente insignificanti complimenti di maniera di Bruno Vespa a Silvia Avallone vincitrice del premio Campiello opera prima: «Quando c'è di mezzo una donna, si va sempre a parare sul corpo. Non importa la sua intelligenza, non importa se viene festeggiata, premiata, perché ha scritto un libro importante.
Tutto si svilisce, si riduce alla carne». È un problema della sola Murgia perché, con assoluta spontaneità, la Avallone, ragazza tranquilla, risponde: «Ero emozionata, non mi sono neppure resa conto». Così si offende per lei la brutta Murgia, che rincara: «Vespa non mi è piaciuto. Il suo comportamento verso la Avallone e gli apprezzamenti sono stati di cattivo gusto. Se li avesse fatti a me, avrebbe avuto la risposta che si meritava». ..
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