Il riflesso del verbo divino si estende dunque alla parola, attraverso un processo che porta “alla venerazione del nome”. Intorno a questo concetto divampa in seno alla Chiesa Ortodossa una violenta polemica, che suscita la condanna dei monaci del Monte Athos. La riflessione di Florenskij sulla “venerazione del nome” svela il legame decisivo della parola con la realtà e dischiude le prospettive del pensiero verso nuovi orizzonti, quelli del “realismo ontologico”, cavallo di battaglia della filosofia di Florenskij. Secondo l’Autore l’uomo non possiede da se la parola, ma la riceve in dono. Come i talenti del Vangelo, l’uomo deve lavorare la parola, farla maturare e maturare con essa. Dallo sforzo messo in atto emerge proprio quella magia della parola, che caratterizza il senso autentico della comunicazione dell’uomo. La modernità di questa interpretazione di Florenskij si concilia con la ricerca del significato dell’essere e del divenire. Una ricerca che porta nel cuore del mistero della dimensione del tempo. In quella“quarta” dimensione che proprio Florenskij riconosce, con anticipo sulla filosofia della scienza contemporanea, come aspetto costitutivo della realtà nel suo complesso. Un momento di raccordo tra il passato e il futuro, attraverso la comprensione del presente.
Casalino Pierluigi