IL MONDO E' MOBILE: DOPO LA TECNOLOGIA.... da A. de Benoist

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La tecnica: mobilitazione del mondo

La tecnica accompagna l’uomo sin dalle origini: l’assenza di specifiche difese naturali, la deprogrammazione dei nostri istinti e lo sviluppo delle nostre capacità cognitive vanno di pari passo con una crescente trasformazione del nostro ambiente. Ma la tecnica è stata per lungo tempo regolata da imperativi non tecnici: necessaria armonia tra l’uomo, la città e il cosmo, rispetto della natura come dimora dell’Essere, sottomissione della potenza (prometeica) alla saggezza (olimpica), ripudio dell’hybris, preoccupazione per la qualità piuttosto che per la produttività, e così via. L’esplosione tecnica della modernità si spiega con la scomparsa di queste codificazioni etiche, simboliche o religiose. Affonda le sue lontane radici nell’imperativo biblico "Riempite la Terra e dominatela" (Genesi), che Cartesio farà suo due millenni dopo invitando l’uomo a "rendersi signore e possessore della natura". La cesura dualista teocentrica tra l’essere increato e il mondo creato si è in tal modo trasformata in cesura dualista antropocentrica tra il soggetto e l’oggetto, in cui il secondo è offerto senza riserve al dominio del primo. La modernità ha inoltre assoggettato la scienza (contemplativa) alla tecnica (operativa), dando così vita alla "tecnoscienza" integrata, la cui unica ragion d’essere è una trasformazione sempre più accelerata del mondo. Nel solo XX secolo, il nostro modo di vita ha conosciuto più sconvolgimenti che nei quindicimila anni che lo hanno preceduto. Per la prima volta nella storia dell’umanità, ogni nuova generazione deve integrarsi in un mondo che quella precedente non ha sperimentato. La tecnica si sviluppa per sua stessa natura come un sistema autonomo: ogni nuova scoperta viene immediatamente assorbita nella potenza globale di operatività che contribuisce a rendere più complessa e a rafforzare. Il recente sviluppo delle tecnologie di stoccaggio e circolazione dell’informazione (cibernetica, informatica) accelera a una velocità prodigiosa questa integrazione sistemica, di cui Internet è l’esempio più conosciuto: questa rete non ha né centro decisionale né controllo di ingresso e uscita, ma mantiene e accresce di continuo l’interazione fra i milioni di terminali che le sono collegati. La tecnica non è neutra, ma obbedisce a un certo numero di valori che ne guidano il corso: operatività, efficacia, efficienza. Il suo assioma è semplice: tutto quello che è possibile può essere e sarà effettivamente realizzato, essendo inteso che solo un sovrappiù di tecnica potrà rimediare ai difetti dell’attuazione delle tecniche già esistenti. La politica, la morale, il diritto vengono soltanto dopo,per giudicare gli effetti desiderabili o indesiderabili dell’innovazione. La natura cumulativa del progresso tecnoscientifico – che conosce stagnazioni, ma mai regressione – ha a lungo confortato l’ideologia del progresso, certificando l’accrescimento dei poteri dell’uomo sulla natura e riducendo i rischi e le incertezze. La tecnica ha così dato all’umanità nuovi mezzi di esistenza, ma nel contempo gli ha fatto perdere le ragioni per vivere, dal momento che il futuro sembra dipendere unicamente dall’indefinita estensione del dominio razionale del mondo. L’impoverimento che ne risulta viene sempre più nettamente percepito come la scomparsa di una vita autenticamente umana sulla Terra. Dopo aver esplorato l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, la tecnoscienza inizia adesso a dominare lo stesso uomo, soggetto e nel contempo oggetto delle proprie manipolazioni (clonazione, procreazione artificiale, schedatura genetica, ecc.). L’uomo diventa il semplice prolungamento degli strumenti che ha creato, adottando una mentalità tecnomorfa che ne aumenta la vulnerabilità. Tecnofobia e tecnofilia sono due atteggiamenti inaccettabili. La conoscenza e le sue applicazioni non sono biasimevoli in sé, ma l’innovazione non può valere per il solo fatto della sua novità. Contro il riduzionismo scientista, il positivismo arrogante e l’oscurantismo ottuso, è importante subordinare lo sviluppo tecnico alle nostre scelte sociali, etiche e politiche, nonché alle nostre aspettative (principio di prudenza), e reinserirlo nella simbologia di una visione del mondo come pluriverso e continuum.

(Alain de Benoist e Charles Champetier (1999)

http://giorgiopartecipativo.myblog.it/archive/2009/09/27/la-nuova-destra-5.html

video http://www.youtube.com/watch?v=OXLRvtDNQVU