IL TEATRO SCIENZA DI ALEX GEZZI

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Vivi come parli? Sei un artista

Un tipo bizzarro Alex Gezzi - docente presso l’Università di Ferrara, Messina e Roma - un professore che da decenni nel suo itinerare di conferenze, simposi, meeting, congressi e lezioni pubbliche, ha sempre cercato di includere l’aspetto della comunicazione-spettacolare per rendere chiari i concetti più critici di una materia tipicamente tecnica: la Cosmetologia e la Bellezza.  Indubbiamente originale come questo nostro incontro, che doveva avere per argomento l’uscita di un volumetto nato come monologo tra prosa e poesia, sui temi delle sue conferenze, rivelatosi poi l’accesso per entrare in un mondo di progetti assolutamente straordinari; dal Beauty Bar, al Teatro Scienza alle celebrazioni per i cento anni del Futurismo (ndr.Futurismo Renaissance 2007)  
Questo suo ultimo lavoro è un copione o un testo?  «In realtà non doveva diventare niente di tutto ciò, poi ho deciso di mandarlo alle stampe attraverso ilmiolibro.it, di Repubblica e soprattutto perché volevo donare qualcosa che non fosse il solito oggetto anonimo. Sono undici punti, con un inconsueto indice sulla copertina, scritto cercando una certa musicalità sui temi da me preferiti affrontati nelle varie conferenze. Una base per il nuovo progetto denominato «Teatro Scienza» molto simile al Beauty Bar, presentato in anteprima nazionale qualche mese orsono a Tortoreto Lido».  
Ma cos’è il Teatro Scienza?  «Sto cercando di istituzionalizzare quella che è sempre stata la mia idea o meglio, di teatralizzare la scienza e trasformarla in uno spettacolo globale coinvolgendo e facendo partecipare il pubblico a livello interattivo e con tutte le chiavi possibili. Il Teatro Scienza è una conferenza spettacolo dove gravitano tutte le arti. Comunicare le mie parole con l’arte che mi manca, vale a dire con l’arte degli altri, la musica sperimentale di Lorenzo Scopelliti, la danza di Elena Pavoni, la poesia dell’esistere e l’ecletticità di Eugenio Squarcia oppure la pittura di Jessica Steri».  
Cinque come l’emblema inquietante di una stella a cinque punte rossa contornata da un cerchio, che è il vostro logo. Per quale motivo un simbolo che è stato ripreso più volte dalle brigate rosse e da gruppi eversivi tedeschi?  «La nostra stella a cinque punte è esattamente simmetrica, a differenza delle altre che all’occhio profano potrebbero apparire simili, in realtà è il simbolo dell’antico movimento del pianeta Venere ed essendo Venere la dea della bellezza e dell’amore, mi sembrava un logo adeguato ai miei discorsi. Il pianeta nell’arco di otto anni compie una rivoluzione cosmica, un aspetto molto conosciuto per chi come me coltiva lo studio della Bellezza, per questo non mi sono fatto condizionare dall’immagine legata alle brigate rosse. Il fatto che fosse contornata da un cerchio è perché da sempre nella cultura classica esso rappresenta il cosmo, vale a dire il segno di perfezione».  
E’ tutto pronto?  «Stiamo preparando la scenografia abbiamo prodotto cinque manifesti come le estremità di quella stella che ci guida, dalle dimensioni di due metri e dieci per un metro e cinquanta, che appenderemo a due scale anch’esse rosse. Questi manifesti verranno agganciati l’uno dietro l’altro mentre le due scale daranno forma ad una scenografia assolutamente minimalista dove i protagonisti si muoveranno intorno ai manifesti che cadranno in successione ogni volta che entra un artista in scena. Oltre a questo saranno presenti cinque manichini illuminati. Abbiamo già fatto parecchie prove a Milano mentre sono in programma altri test proprio a Ferrara».  
Avete anche una sede?  «Vorremmo arredare una sala della Imprendo School di Tortoreto Lido, dell’imprenditore napoletano Beppe Macello, per farla diventare un piccolo teatro da divenire la sede autorevole o per meglio dire il punto pilota del Teatro Scienza».  
Perché non a Ferrara?  «Speravo, pensavo, credevo, ma probabilmente ho sbagliato qualcosa, di poterlo portare a Ferrara con l’Associazione Ferrara Capitale della Bellezza, forse ci si è rivolti ad una istituzione pubblica, qual è l’Università, che probabilmente non può per ovvi motivi ospitare una situazione così anomala, però anche la città stessa fondamentalmente non era pronta. Nessuno è profeta in patria!»  
I luoghi ideali per il Teatro Scienza?  «Sono ad esempio le sale delle vecchie parrocchie, longevi cinema, reperti industriali più o meno abbandonati, ampi spazi disadorni da potere abitare dove possiamo portare noi stessi e questi argomenti relativi alla Bellezza. Siamo noi i protagonisti, siamo noi che conosciamo nel bene e nel male la materia, siamo noi che la recitiamo, la vestiamo, la trasformiamo e che la raccontiamo assieme al pubblico. Indubbiamente mi rendo conto che tutto questo non potrà avere una larga diffusione anche perché per fare questo ci vuole coraggio ed anche incoscienza, però c’è già qualcuno interessato, ad esempio il primo giorno di primavera siamo stati contattati per fare uno spettacolo a Torino. La cosa più difficile è spiegare quello che io faccio ovvero che sono professore universitario, che realizzo il teatro scienza, che porto un furgone, che metto scale, manifesti e non è facilissimo di primo acchito. Tuttavia la grande curiosità agisce da perno e forse considerandomi tra le persone non più scontate del mondo allora alcuni mi dicono. Va bene! Proviamo! Informiamoci, vediamo e quindi qualcosa si muove. Se fosse facilissimo non sarebbe nemmeno divertente. Mi piacerebbe estendere questo Teatro Scienza magari per il lancio di un abito, di un’auto, un evento una inaugurazione oppure un anniversario».  
 Chi è per lei un artista?  «Sono arrivato alla convinzione che tutti coloro che vivono come parlano, sono artisti. Non credo si debba essere un Van Gogh o un Picasso per essere considerati artisti, quelli per me sono Benedetti da Dio». (estratto-ndr.)
VINCENZO IANNUZZO