Fu a Bologna la prima del Manifesto del Futurismo, pubblicato sulla Gazzetta dell’Emilia il 5 febbraio 1909…
di Maria Cristina Nascosi
Il 5 febbraio del 1909, sulle pagine del quotidiano bolognese la Gazzetta dell’Emilia, venne pubblicato per la prima volta il Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti.
Il testo, che avrebbe mutato per sempre l’Arte del ’900, fu poi rilanciato su Le Figaro il 20 febbraio dello stesso anno e da quel momento tutte le avanguardie artistiche europee dovettero raffrontarsi con il mito della velocità, dello schiaffo, del pugno, del progresso, dunque, insieme con il disprezzo per la tradizione e l’accademismo.
Da questa scotomizzazione prende spunto la mostra 5 febbraio 1909 - Bologna avanguardia futurista, curata da Beatrice Buscaroli, direttore artistico della Fondazione Carisbo, vòlta a rievocare una serie di fatti poco noti sul Futurismo di Bologna, città definita da Marinetti la più “passatista d’Italia” ma anche una delle più pronte ad accogliere e dar spazio alla sua voce.
Appena inaugurata, a Casa Saraceni, in via Farini, 15, durerà fino al 20 aprile prossimo.
E’ divisa in varie sezioni: una prima che verte sulla presentazione della fatidica pagina della Gazzetta dell’Emilia la quale offre l’occasione per una ricostruzione virtuale della Bologna del primo Novecento, col fine di indagare il milieu culturale in cui è germogliato, prima che altrove, il seme del Futurismo.
Una seconda sezione ripercorre i principali avvenimenti futuristi accaduti in città: dalla celebre esposizione di un sol giorno organizzata nei sotterranei dell’Hotel Baglioni nel 1914 (a cui parteciparono Morandi, Licini, Bacchelli, Vespignani e Pozzati), alla mostra di pittura futurista del 1922 al teatro Modernissimo (ripetuta poi due anni più tardi), alla Grande mostra di pittura della Casa del Fascio il 21 gennaio 1927.
Particolare attenzione viene riservata ad alcuni episodi tipicamente cittadini come la nascita di alcune riviste quali “La Ghebia” o “L’Ardire” o l’attività del “Gruppo Futurista G. Marconi” durante gli anni ’40, capitanato dalla poetessa Maria Goretti e dal pittore Angelo Caviglioni a cui la Fondazione già ha dedicato un’ampia retrospettiva lo scorso anno.
Capitolo a parte merita ancora la figura di Guglielmo Sansoni, in arte Tato, personaggio ed artista geniale: il suo finto funerale, con successivo arresto, il progetto di una casa d’arte futurista, le mostre itineranti organizzate all’interno dei vagoni di un treno, fino alla sua definitiva partenza per Roma.
Un’altra sezione, quella a carattere meramente espositivo, vede i singoli artisti bolognesi con la presentazione, per ognuno, di alcune significative opere. Essi sono: Tato, Angelo Caviglioni, Athos Casarini, Italo Cinti, Alberto Alberti, Ago, Aterol, Ferdinando Sabattini, Giovanni Korompay. Casi particolari sono quelli del grande centese Aroldo Bonzagni e Alessandro Cervellati, futuristi della prima ora che, in seguito, presero le distanze dal movimento.