di Pierfranco Bruni
L'uomo dei nostri passi dimentica di aver dimenticato
Vivo osservando la notte. La notte può essere notte senza essere attraversata dal buio. C'è profezia o provvidenza nell'uomo silenzio. L'uomo contemplante. L'uomo che conosce la fatica del pensare e fa del pensiero la meditazione del dubbio. Siamo diversi. Noi uomini. Il tempo cammina nel camminare dei venti. L'uomo dei nostri passi ha smarrito il senso della provvidenza perché nella sua presunzione e nella sua arroganza ha confuso la bellezza della provenienza con il tutto è dovuto. Assistiamo all'impeto delle sfide. I politici che si improvvisano intellettuali, gli intellettuali che pensano di sostituirsi ai poeti, i giornalisti a tutto campo e poi gli improvvisatori che con il loro pressappochismo sfidano le concordanze dell'umanità culturale. Alla base di tutto c'è la competizione. Bisogna primeggiare a tutti i costi anche quando i limiti delle frontiere sono muraglie di pietra.
Cosa è la bellezza? La bellezza non è armonia. La bellezza non è un valore. La bellezza non è una immensa distesa di parole considerate belle. Può essere anche silenzio. Assenza. Nostalgia. Sconfitta. Due occhi che ti guardano senza ascoltare altro. Uno sguardo che penetra il vetro del vento. L'uomo dei nostri passi si sente onnipotente. Ulisse dominava le isole. Non si lasciava dominare dall'isola. L'attrazione non è debolezza. E' bellezza. Ulisse si lasciava attrarre dall'isola.
L'uomo competizione o l'uomo denaro? L'uomo dei nostri passi dimentica di aver dimenticato che una foglia di vento ha una voce. Il potere o la potenza della riflessione o della parola contemplante non è data dal possesso di un soldo in più. Il denaro e l'uso del denaro, non importa se sia strumentale o meno, annebbiano il confronto e mistificano i sentieri delle parole, dei linguaggi, dei sogni, dei viaggi, delle isole nella solitudine dell'attesa, le eresie perdendo il senso delle misure. Già, le eresie. Le eresie non conoscono il denaro. Il denaro è conformismo, è sfida, è, dunque, competizione. Gli uomini eretici sono gli uomini viaggio pellegrinaggio.
Anche gli ignoranti competono. Quanti ignoranti pensano di usare la cultura o di fare cultura. Ma restano comunque degli ignoranti nell'anima e nei saperi. Restano uomini ignoranza nello stile, nel comportamento, nelle virgole della vita. Si è sfregiati dall'ignoranza, dalla superbia, dall'io posso tutto e dal momento che posso tutto posso anche considerarmi un intellettuale, un profeta, un viaggiatore tra i meandri dell'essere fachiro o sciamano. Mai vincitori tra i porti del sarcasmo. Sempre vinti tra le maree dei sogni. L'uomo dei nostri passi dimentica di aver dimenticato e neppure si cerca più.
Ci vuole ben altro nel tempio della pazienza delle letterature della vita. Siamo ormai lacerati dalle miserie e queste miserie d'anima sono dentro gli uomini. La superbia non è una cosa astratta. Io sono e posso. Ma in questo io sono e io posso c'è tanta discrepanza, non c'è grazia ma disgrazia. L'illuminismo della colpa è nella ragione della lacerazione di una identità, nella parvenza di una comunicazione fallita. Ma la ragione è la ambiguità degli uomini deboli. La sola ragione è la perdita della interiorità.
La non serenità è una disgrazia. Dis-grazia! A volte l'indifferenza può anche essere considerata una grazia. Non l'apatia. Io vivo nel tempio della contemplazione e tutto ciò che vedo, che mi passa accanto, che striscia (l'uomo misero striscia sempre ed ha una razionale metodologia che nel tempo del mistero lo farò soccombere), che mi accarezza diventa semplicemente un passaggio. Un passaggio di tempo, direbbe Alvaro Mutis che ha dato voce all'ultimo De André, dentro il tempo che ha una valenza agostiniana nella visione di una estasi cara alla parola alchemica di Maria Zambrano.
Tutto il resto non è noia, come canta Califano, ma definibile dissolvenza. La dissolvenza degli uomini ignoranza è una corsa ad ostacoli nel precipizio del vuoto in cui c'è una religiosità fittizia. Gli improvvisatori nella cultura, nella politica, nelle fantasie e nel mistero sono la tristezza vestita di sarcasmo e, comunque, si sentono forti per il solo fatto di possedere la ragione del denaro ma non hanno la fortezza richiamata spesse volte da San Paolo e da San Giuseppe Moscati (al quale ho dedicato una mia ricerca con un profondo scavo nel mio labirinto d'uomo).
Essere uomini. Essere uomo fino in fondo. L'umanità, mi ha insegnato Nazhim Abshu, non è ciò che ti danno gli altri; è ciò che riesci a graffiare dal tuo caos, dai tuoi labirinti, dalle tue isole che vivono raccolte nella conchiglia del tuo cuore; la conchiglia del cuore, sempre Abshu, raccoglie le vite vissute che si fanno eco ma c'è sempre un limite, una linea, un orizzonte che recita il mistero; non pensare che gli altri ti siano fedeli sino alla morte; ti resteranno fedeli o ti offriranno sembianze di fedeltà sino a quando non avranno ottenuto i loro obiettivi e poi tenteranno di spiegare le vele. Tu devi essere distante anche disegnando nel tuo immaginario delle lontananze.
Non dimenticare mai San Paolo: "Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l'AMORE/CARITA', sarei come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi l'AMORE, non sarei niente. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi l'AMORE, niente mi gioverebbe. L'AMORE è paziente, è benigno; non è invidioso, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia,ma si compiace della verità…. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità/L'AMORE". (1 CORINZI 13:1-6 11-13).
L'uomo dei nostri passi ha smarrito la pazienza e vive in una inconsapevole disperazione: dall'invidia alla gelosia. Pensa di dominare. Ma è soltanto dominato dalla miseria. Nel viaggio della contemplazione non c'è posto per l'uomo apparenza, non c'è posto per l'uomo arroganza, non c'è posto per la provvisorietà e la supponenza. L'uomo dei nostri passi dimentica di aver dimenticato perché è attratto dall'oblio e dalla rabbia.
Io seguo il Cristo nel deserto o il Dio del Sole. Con la serenità della consapevolezza. Così disse Amanda Nuvolavaga. Ciò che ruota intorno è soltanto fragilità di vetri smarriti e frantumati. Tutto passa perché tutto ha un senso. La politica, la cultura o le culture, le imprese. Uomo del mio tempo… ma l'uomo non ha tempo sia lungo le dune del deserto sia tra i fiumi o i mari dove il vento e il sole si incontrano. L'ignorante vive tra noi. Non c'è meraviglia. Vive tra noi ma non con noi.
Gli uomini ignoranza sono uomini sconfitti e la loro salvezza è nel mascheramento. Ma il possedere è soltanto una maschera. Una maschera nuda perché in ogni parola c'è il desiderio di essere ma trionfa la rivelazione del nulla. Il nulla porta alla supponenza. Il mistero resta sempre un dono inciso tra la disperazione e la speranza. Di-sperazione. Speranza.
Non affidare agli altri la sabbia del tuo sguardo. Non affidare agli altri lo sguardo. Custodiscilo fino a quando la stella nascosta dietro la luna ti chiederà un sorriso. Solo allora potrai colorare le immagini e i colori resteranno arcobaleni tra le parole taciute e i silenzi delle voci ascoltate. L'uomo ignoranza si contrappone solo all'ignoranza della propria incapacità. L'uomo silenzio osserva e sa che la pazienza è una lunga attesa. Io coltivo ogni stella che attraversa il vento e guardo sempre dove l'orizzonte cessa di essere orizzonte. Oltre, il mistero diventa rivelazione. L'uomo dei nostri passi dimentica di aver dimenticato perché si è perso senza la consapevolezza di essersi perso!