*Protagonista a Ferrara lo scorso maggio con la personale Pink Moon, presso Lacerba Galleri di Alfredo Pini, ecco la poetica visiva di Valentina Biasetti secondo l'artista stessa: una sorta di autoritratto potente e scorrevole per meglio conoscere la sua produzione artistica, un neostrattismo magico e creativo-finalmente anche di leggerezza gioiosa, emergente nel panorama dell'arte contemporanea italiana attuale.
POETICA
Le figure che disegno si
muovono nella solitudine di uno spazio vuoto, relazionandosi
unicamente con il colore, il gesto pittorico o le costruzioni
geometriche.
Pieni e vuoti sono un
tentativo di contatto e dialogo tra le figure che cercano un’intesa
intima tra loro pur restando lontane in una scala temporale, come se
fossero istantanee scattate in momenti differenti che trovano
pretesto di vicinanza solo nell’immaginazione. La mia ricerca vuole
essere un ponte immaginario per un Luogo chiamato “Altrove” dove
regna il colore.
Il Disegno è desiderio.
La matita accarezza il foglio guidata
da un istinto primitivo, si intrecciano segni e campiture, impronte e
sussurri di storie nascoste nel profondo dell’anima.
Il Disegno è testimonianza di vita.
Il Disegno è lotta con il vuoto, il
bianco.
Poi ti rendi conto perfettamente che il
vuoto, l’assenza, può diventare l’unica valida realtà, anche
se totalmente differente da quella a cui sei abituato ed è quì che
comincia il dialogo infinito.
Il Disegno è esilio, è fame e sete.
Esilio dalle abitudini, e ricerca
continua viaggio verso l’Altrove.
Non so bene perché disegno, forse un
po’ per vivere, forse un po’ per non morire… però io Disegno.
Sulla figura.
Ricerco figure e forme che siano
traboccanti di vita e sensualità perché amo raccontare la materia
fisica che solletica lo sguardo. Quando disegno la mia matita è un
bisturi, un’ arma appuntita che opera sulla figura per indagare
sulle sue più intime miserie, raccogliendone le tracce sul tessuto
epidermico.
Sugli Specchi il Doppio.
Mi hanno sempre affascinato gli
specchi, soprattutto quando riflettono in sé stessi specchiati le
immagini all’ infinito. Mi hanno sempre fatto immaginare un
viaggio dentro l’ immagine, a una trasformazione della propria
identità riflessa che assume nuove esistenze sempre medesime ma mai
veramente proprie: una scena su cui passano svariati attori che
recitano svariati drammi.
Disegno me stessa perché è l’
unico soggetto che conosco, o a dire il vero che non conosco
abbastanza, lo specchio è per me un complice di travestimenti e
gesti, obbedienti e doppi, una mappa infinita per nuove storie e
viaggi dentro se stessi.