In una serie di articoli su Asino Rosso e sul sul blog ho avuto modo
di trattare le ragioni della scissione nell'Islam tra sunniti e sciiti
e il determinarsi nel tempo di una contesa che va oltre il limite
della divisone religiosa per investire il piano geopolitico e
strategico, con coinvolgimento dell'Occidente e i suoi diversi
interessi nella regione mediorientale e nel resto del mondo islamico.
Vale la pena, tuttavia, ritornare brevemente e in un certo qual senso
più organicamente su una questione che appare poco chiara al grande
pubblico, rischiando di ingenerare confusioni e mancanza di adeguata
conoscenza del fenomeno conflittuale legato all'Isis e dintorni.
L'Isis è il figlio della disastrosa invasione americana dell'Iraq e
rappresenta una prospettiva, se non fermata in tempo, può provocare
ancor più disastrose conseguenze. La componente sunnita in Iraq, che
prima aveva il potere in Saddam Hussein, lo ha perso da quando a
Baghdad si è affermata l'influenza sciita. L'Iran sciita, dal canto
suo, e i suoi alleati nell'area, dalla Siria di Assad agli Hezbollah
libanesi, all'ala sciita in Yemen ora al potere, hanno mutato
radicalmente lo scenario del Medio Oriente. Le potenze ultrasunnite
del Golfo hanno sostenuto l'Isis per frenare l'avanzata sciita e, ora
che gli Usa, per controbilanciare le opposte fazioni, hanno stretto il
"patto nucleare", anche a dispetto di Israele, il timore dei sunniti
si è accresciuto, con conseguenze fatali sugli sviluppi del fanatismo
ultrasunnita in zona e nel mondo intero. I sauditi e i loro alleati
della Penisola arabica appartengono quindi paradossalmente ai due
schieramenti opposti, quello della coalizione anti-Isis e quello che
aiuta segretamente gli stessi "uomini neri". L'ipocrisia si aggiunge
all'ipocrisia, pertanto: lo stato bellico e la frustrazione degli
appartenenti all'isis finisce per scaricarsi sull'Occidente e in
particolare sull'Europa come dimostrano gli eventi tragici che hanno
segnato di sangue e rovine la Francia dall'inizio del 2015. Quando si
vede il re saudita stringere calorosamente le mani del presidente
americano Obama (contratto di vendita di armi sofisticate all'Arabia
Saudita) si resta sconcertati proprio perché tale circostanza si
verifica durante il vertice di Antalya dedicato alla lotta all'Isis.
Quando Poi Putin fa notare quanto la cosa sia così poco semplice e
bombarda l'Isis, va da sé pensare anche quanto interesse abbia la
Russia ad aiutare il suo vecchio alleato filo-sciita siriano, per
uscire dall'isolamento in cui si era cacciato con la crisi ucraina. Il
resto deve ancora venire. E speriamo non a spese del Vecchio
Continente così vicino all'occhio del ciclone.
Casalino Pierluigi, 21.11.2015
di trattare le ragioni della scissione nell'Islam tra sunniti e sciiti
e il determinarsi nel tempo di una contesa che va oltre il limite
della divisone religiosa per investire il piano geopolitico e
strategico, con coinvolgimento dell'Occidente e i suoi diversi
interessi nella regione mediorientale e nel resto del mondo islamico.
Vale la pena, tuttavia, ritornare brevemente e in un certo qual senso
più organicamente su una questione che appare poco chiara al grande
pubblico, rischiando di ingenerare confusioni e mancanza di adeguata
conoscenza del fenomeno conflittuale legato all'Isis e dintorni.
L'Isis è il figlio della disastrosa invasione americana dell'Iraq e
rappresenta una prospettiva, se non fermata in tempo, può provocare
ancor più disastrose conseguenze. La componente sunnita in Iraq, che
prima aveva il potere in Saddam Hussein, lo ha perso da quando a
Baghdad si è affermata l'influenza sciita. L'Iran sciita, dal canto
suo, e i suoi alleati nell'area, dalla Siria di Assad agli Hezbollah
libanesi, all'ala sciita in Yemen ora al potere, hanno mutato
radicalmente lo scenario del Medio Oriente. Le potenze ultrasunnite
del Golfo hanno sostenuto l'Isis per frenare l'avanzata sciita e, ora
che gli Usa, per controbilanciare le opposte fazioni, hanno stretto il
"patto nucleare", anche a dispetto di Israele, il timore dei sunniti
si è accresciuto, con conseguenze fatali sugli sviluppi del fanatismo
ultrasunnita in zona e nel mondo intero. I sauditi e i loro alleati
della Penisola arabica appartengono quindi paradossalmente ai due
schieramenti opposti, quello della coalizione anti-Isis e quello che
aiuta segretamente gli stessi "uomini neri". L'ipocrisia si aggiunge
all'ipocrisia, pertanto: lo stato bellico e la frustrazione degli
appartenenti all'isis finisce per scaricarsi sull'Occidente e in
particolare sull'Europa come dimostrano gli eventi tragici che hanno
segnato di sangue e rovine la Francia dall'inizio del 2015. Quando si
vede il re saudita stringere calorosamente le mani del presidente
americano Obama (contratto di vendita di armi sofisticate all'Arabia
Saudita) si resta sconcertati proprio perché tale circostanza si
verifica durante il vertice di Antalya dedicato alla lotta all'Isis.
Quando Poi Putin fa notare quanto la cosa sia così poco semplice e
bombarda l'Isis, va da sé pensare anche quanto interesse abbia la
Russia ad aiutare il suo vecchio alleato filo-sciita siriano, per
uscire dall'isolamento in cui si era cacciato con la crisi ucraina. Il
resto deve ancora venire. E speriamo non a spese del Vecchio
Continente così vicino all'occhio del ciclone.
Casalino Pierluigi, 21.11.2015