8 marzo 2013- Alla ricerca della Moana perduta

 
.*intervista a Mauro Biuzzi
 
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D- Moana meglio delle femministe?
Sì, certamente, se si riferisce al movimento borghese di sinistra che si è affermato negli anni settanta. Restando nei termini estetici, se il femminismo stesse a Moana come Salieri sta a Mozart, tutta l’opera del primo non varrà mai come la sola aria Là ci darem la mano del secondo. Perché ciò che dura è ciò che è stato spezzato: il frammento, la parte, il simbolo, il cuore.
Moana non fu mai sessista, mai si raccontò la favola che un sesso è migliore o peggiore di un altro. Al contrario, preferì mangiarsi l’altro sesso. Il mondo è fatto per chi ha i denti, e il femminismo è una forma di anoressia morale che Moana non ebbe. Visse più di ogni altra sua coetanea le amputazioni feroci che l’emancipazione femminile ha comportato per una donna italiana di origini contadine (origine di quasi tutti noi italiani), ma non ebbe mai un atteggiamento vittimale. Sapeva che la vittima e il carnefice sono la stessa persona. Anche in questo senso si distinse dalla retorica plebea della “trasgressione”, che invece dominava nell’ambiente del porno politicizzato, nel quale la conobbi nel 1991. Quella retorica tardo-hippies e diritto-umanista era una sottocultura che serviva alla lobby del porno come facciata di stucchi dietro cui far passare qualche legge favorevole al suo business. Ma, con l’appoggio pieno di Moana, cambiammo rotta per trasformare il PdA nel primo esperimento italiano di antipolitica. Usciti dall’estetica del “vogliamoci bene”, nelle amministrative romane del 1993 presentammo la prima lista di cittadini italiani senza “precedenti” politici, compreso io che ero capolista. A prescindere dal risultato alle urne, la “politica della seduzione” di Moana mi apparve subito quella più attuale ed efficace per la nostra sfida al linguaggio economicistico e condominiale dei Partiti italiani.

D- Moana erede principale di magari la futurista Valentine de Saint Point
In comune ci sono certamente l’Eros come fiamma, l’idea di virilità nel femminile, il rapporto necessario tra donna e crudeltà. Le lacrime di Eros, direi. Senza però nulla dei cascami del decadentismo simbolista, su cui si è fondata l’immagine della “diva” del cinema hollywoodiano. L’icona che io ho dipinto per Moana ha radici realiste e rinascimentali. L’Italia è una giovane Repubblica fondata sulla resistenza Risorgimentale alle occupazioni militari, e agli stupri simbolici e materiali che sempre ne conseguono. A mio modesto avviso, la mia Moana con la fascia tricolore davanti all’Altare della Patria a Roma è uno dei simboli più significativi della volontà di emancipazione di una Repubblica nata nel clima di occupazione morale e materiale conseguente agli esiti della Seconda Guerra Mondiale e cresciuta nel successivo “sviluppo senza progresso”, la cui entità è data proprio dal livello insopportabile raggiunto oggi dal nostro debito pubblico sotto la pressione speculativa internazionale. In quell’immagine, che ho realizzato con lei nel novembre 1993, Moana cessa di essere la pallida imitazione di una diva del cinema americano (la Marilyn che piace tanto ai critici sessantottini che ancora sostengono la Rivoluzione Sessuale e il Trash all’italoamericana), per diventare la vera icona del cammino che la nostra Repubblica sta facendo attraverso i tanti disastri civili del dopoguerra. Certo, di una Repubblica nata orfana, e che continua ad essere considerata figlia di madre ignota. Proprio come Moana, la nostra Biancaneve che ora dorme con il milite ignoto, con l’italiano futuro.....
 
Fonte:  http://www.eccolanotiziaquotidiana.it/14-2-alla-ricerca-della-moana-perduta-intervista-a-mauro-biuzzi/