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Futurismo e violenza creativa antibuonista

09 settembre 2012CULTURA

Inizio d’estate, Caffè Giubbe Rosse, Firenze, 30 giugno 1911, presentandosi forte del suo metro e mezzo di statura, il pittore futurista Umberto Boccioni chiese: «Lei è Ardengo Soffici?» ed alla risposta positiva, di contrapasso: «Ed io sono Boccioni» e giù uno schiaffone tale da buttare a terra l’alto e robusto critico e letterato fiorentino de La Voce.
13 luglio 2012, la storia quasi si ripete. San Pellegrino, Viterbo, il tarchiato Gianluca Iannone, fondatore di CasaPound Italia, affronta l’alto Filippo Rossi, direttore de Il Futurista, e gli fa un occhio nero. Iannone e Rossi non saranno Soffici e Boccioni, diciamo, per carità di patria, non appartenendo all’alveo artistico dei secondi. Le due zuffe si assomigliano però per quel fenomeno che fa le forme in natura ripetersi variando le dimensioni. La Grande Zuffa intestina del lontano giugno manifestava le solite tendenze litigiose di tutti i movimenti culturali, come politici, italiani. Marinetti, Boccioni, Russolo, Palazzeschi e Carrà, nucleo del futurismo che si stava imponendo in tutti i settori culturali, erano scesi a Firenze per vendicare gli sfottò loro rivolti da Soffici su La Voce di Prezzolini; che le presero entrambi. Lo scontro tra futuristi e vociani si concluse con la consapevolezza di essere un unico movimento, tanto che sede ufficiale futurista divenne proprio il vociano Caffè Giubbe Rosse che si impose sul Savini meneghino.
Anche allora le italiche politica e arte non potevano fare a meno delle loro vie Veneto. I due gruppi non avevano dubbi che bisognava voltare le spalle al finale disastroso di fine Ottocento dell’Italietta di Adua e Bava Beccaris. «Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie di ogni specie, il moralismo... la sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e di antiquari...».
Ieri come oggi formalismo, azzeccagarbuglismo, trasformismo si fondevano nell’insincerità e nella demagogia, apposta per non risolvere nessun problema. Se sapessero di essere rappresentate oggi da Fini e Travaglio, Futurismo e Voce, ritornerebbero subito agli schiaffi. Quelle aree sostennero bellamente il fascismo, malgrado l’artificiale negazione frapposta per decenni tra i salti mortali sui manuali. Il bello è che fino al primo conflitto su queste posizioni stavano anche i socialisti. Il welfare ancora non c’era, ma banche e burocrazie sì. ..C
 
http://www.opinione.it/cultura/2012/09/09/mele_cultura-09-09.aspx

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