RIVISTA
IL PROGETTO che presentiamo si rivela, al contempo, conclusione di una serie di riflessioni svolte dalle personalità che vi ruotano intorno e come periplo intellettuale e filosofico, atto a favorire lo sviluppo di tematiche la cui urgenza DEVE impensierire chi ha a cuore la cultura di questo ateneo, di questa città, di questo nostro tempo. Da siffatte preoccupazioni nasce questa associazione, la quale si prefigge, come scopo da conseguire, una riflessione costante e puntuale su quei DOGMI in nome dei quali il mondo moderno – nonostante la sua apparente avversione per ciò che è dogmatico – miete le sue vittime. Riflessioni, queste ultime, il cui contenuto è stato abbozzato nell’opuscolo diffuso, in cinquanta copie – tiratura limitatissima dovuta alla natura stessa del progetto, il quale è interamente autofinanziato – tra il 18 e il 19 ottobre, nel nostro Ateneo. Proprio in merito a quanto trattato in esso, Antarès, nella forma della sua redazione e dei suoi collaboratori, accusa tutti i SISTEMATISMI, volti a cristallizzare in forme costituite il divenire multiforme e metamorfico di una vita che assai malvolentieri accetta la prigionia, che sia museale, analitica o da catalogo. E ciò, sulla scia di un Goethe, che lesse piuttosto svogliatamente la kantiana Critica della ragion pura entusiasmandosi invece per la Critica del Giudizio. Un MODERNISMO che reinterpreta e riscrive gli albori e i destini planetari per porsi quale stadio definitivo e conclusivo di quelle istanze che altre culture – lontane da noi tanto spazialmente quanto temporalmente – non sarebbero state in grado di compiere. Come se gli Antichi, loro malgrado, non fossero che Moderni imperfetti! Il mito del PROGRESSO il quale, livellando le specificità delle culture, le consegna in catene all’altare della Modernità totalitaria. E così il materialismo, ancella del progressismo, del quale prepara l’avvento, in quanto suo elemento costitutivo e complementare. Solo attraverso la riduzione della storia intera a dinamiche di ordine materiale, infatti, è possibile costruire ponti ideali tra culture NATURALMENTE differenti. Materia e progresso sono i figli gemelli della Modernità. Ma un’indagine morfologica e destinale non può che avere in odio ogni qualsivoglia Storia Mondiale. Il PASSATISMO, rivelantesi alla stregua di supina denuncia di una umanità incapace di produrre forme e condannata al TRAMONTO, secondo la lezione di certa eretica filosofia della storia. Non al passato occorre guardare, non al divenuto, al cristallizzato, ma ad un divenire che, come spartito, ritorna, seppure con variazione, come inedita – e, al contempo, ancestrale – configurazione storica e destinale. Non occorre cercare in altre epoche le soluzioni alla crisi che attanaglia la Modernità – come la fiamma che, accarezzando la carta, ne rivela i caratteri occultati, così la decadenza produce, al contempo, anticorpi che IN NESSUN ALTRO MODO avrebbero potuto essere generati. Curare la modernità CON la modernità stessa. Questa è la scommessa intellettuale che anima le presenti ricerche. La QUANTITÀ, in tutte le sue configurazioni epocali. Dall’industria culturale, che seleziona il valore delle cose e degli uomini secondo i dettami della tirannia del danaro, a certo égalitarismo incapace di generare uguaglianza se non attraverso la massificazione selvaggia delle genti, l’inaugurazione di una inaudita NOTTE DEI POPOLI. Dalla tecnocrazia imperante, che strangola i domini della cultura, costringendo questa ultima, nella migliore delle ipotesi, a farle da supporto teoretico, ad un individualismo che mutila l’uomo di quelle dimensioni aliene dalla RATIO calcolante – autentico MITO della Modernità....CONTINUA |