Ferrara nel Grand Tour dei viaggiatori francesi (secoli XVII e XVIII)
In copertina Veduta del Castello Estense di Giuseppe Migliari (1822-1897) e Celestino Tommasi (1796-1868)
Prefazione di Folco Quilici
Presentazione di Carla Giovannini
Este Edition, 2011, pp. 160, € 15,00
Ferrara nel Grand Tour dei viaggiatori francesi: cosa vorrà dire Alberto Astolfi con questo titolo, con il quale espone al potenziale utente il suo originale studio? «Il termine “Grand Tour” viene utilizzato per la prima volta da Lord Granborne per il suo viaggio in Francia nel 1636, mentre viene adottato per la prima volta nella trascrizione francese del Voyage of Italy, or a complete JourneyTroughItaly(1670) dell’inglese RichiardLassels», cfr. p. 67. In buona sostanza, è l’estensione di quello che, nel più lontano medioevo, era il ‘viaggio religioso’, che, in termini più attuali, è propriamente denominato ‘pellegrinaggio’. Viaggio, che già a partire dal secolo XVI (il secolo che di fatto precede il periodo di riferimento del saggio in questione), aveva assunto il carattere di ‘viaggio d’istruzione’. Furono Francia ed Inghilterra ad avviare quest’ultima moda del viaggiare per motivi di studio. Le mete preferite erano: Olanda, Germania, ma soprattutto Italia.
Non è un caso se quest’opera, benvenuta e, direi, ben riuscita, per precisione e specialmente per coerenza tematica, reca, accanto al patrocinio della provincia e del comune di Ferrara, quelli ulteriori dei comuni di Argenta, Berra, Bondeno, Cento, Codigoro, Comacchio e Ro Ferrarese. Tant’è che, a parte Ferrara, che della trattazione ne è senz’altro regina, le altre zone provinciali non sono trascurate, in quanto rientranti nell’orbita delle scelte dei visitatori di allora. Dopo Ferrara, le località più degne d’attenzione, in quanto meta di viaggiatori che hanno lasciato una loro traccia cartacea, furono: Cento, Comacchio, Argenta, senza escludere talune frazioni dei comuni patrocinatori.
Dei due secoli presi in considerazione lo squarcio più proficuo dal punto di vista delle visite a Ferrara furono il trentennio incluso tra il 1746 ed il 1775. E ciò, secondo le credibili deduzioni dell’autore, «grazie al prolungato periodo di pace nella penisola [… ed] anche ad un miglioramento delle vie di comunicazione e dei mezzi di trasporto», cfr. p. 74.
Esemplificando, la soluzione di spostamento settimanale da Bologna a Venezia prevedeva le seguenti condizioni: «Il costo del viaggio era stimato in 5 zecchini veneziani, con diversi cambi di barche impiegando oltre due giorni di navigazione», cfr. p. 82. Effettivamente, fino ad un certo momento, ci si poteva spostare prevalentemente via mare o via fiume. O, alternativamente, in carrozza. Mezzo, quest’ultimo, di locomozione prediletto dalla nobiltà. Fino a che, nel secondo periodo di riferimento, non furono istituzionalizzate le tratte postali, con carrozza. Da quel momento in poi fu il mezzo preferito dalla maggior parte delle categorie meno abbienti tra i viaggiatori (cfr. pp. 74-76). Anche se, va precisato, fu il mezzo più pericoloso in assoluto, quanto ad assalti a scopo di rapina.
Tra le varie testimonianze, «l’architetto Philibert dell’Orme è il primo viaggiatore del Grand Tour a lasciarci un resoconto della sua visita in Italia nell’anno 1534 e poi in seguito nel 1535 e 1536». «È […] con […] Michel de Montaigne (1580) che il viaggio in Italia conosce la sua definitiva consacrazione presso la corte francese e le sue classi agiate», cfr. p. 24.
De Lalande invece scrisse un autentico trattato sul territorio ferrarese. Ed un certo Lacombe scrisse addirittura un dizionario storico e geografico. Proprio per merito di tale elaborato, certosino documento «si comprende l’importanza che rivestiva ancora il porto di Primaro nelle vicinanze di Sant’Alberto, alla cui imboccatura prima di sfociare in Adriatico era posta la torre di difesa detta Gregoriana», cfr. p. 34.
In considerazione di quanto scritto dal prefatore Folco Quilici («L’attenta analisi dell’Autore muove in vari contesti, da quello storico e letterario fino a quello artistico, geografico ed ambientale. Offrendoci particolari sguardi su una Ferrara diversa, in alcuni tratti introvabile, oggi») e condividendo le parole di Carla Giovannini, presentatrice del libro, concludo asserendo che Alberto Astolfi, tramite questo saggio, ha regalato, soprattutto alla cittadinanza ferrarese ma non solo, «una biblioteca ben ordinata e sapientemente disposta», cfr. p. 11. La sua analisi ha coinvolto, nell’insieme dei riferimenti intertestuali, una quarantina di autori, viaggiatori o non. Opera che non manca certamente di mappe (pp. 141-155), schede bibliografiche dei viaggiatori (pp. 87-140), grafici statistici e foto di repertorio nel contesto argomentativo di pertinenza.
Emilio Diedo 349/1094458 emiliodiedo@libero.it