Jurij Lotman, semiosfera e internet

*da Supereva-Controcultura (2010)

Il semiotico russo precursore di Internet?
La Netsfera: come ben sottolineato dal futurologo e giornalista informatico Ugo Spezza, recentemente, su Futurology.it, è parola, ammaliante. Netsfera…è la Terra stessa, poeticamente e letteralmente, alla luce della rivoluzione di Internet e della Rete; la Terra come stupenda top model davvero in calze a rete…
Una seconda natura, tutto il mondo interconesso e in comunicazione 24 ore al giorno, forse persino la Terra come Gaia “divinata” dall’ecologo Lovelock, una mente collettiva, dinamica, pensante. Marinetti stesso vagheggiava di Regno della Macchina e Uomo moltiplicato, simultaneo; Teilhard de Chardin di Noosfera….. e un certo Lotman, nel secondo novecento, ancora dalle parti di Stalin…. di semiosfera, la rivoluzione della comunicazione, come la si segnalava e immaginava, nell’era pre internet.
Yurj Lotman, sovietico, un altro genio precursore, nella moda nascente della cosiddetta semiotica, o scienza dei segni: in Italia c’era già il giovane Umberto Eco. Tutte ricerche, anni ‘60/70, straordinarie, lungimiranti, complementari al più visionario di tutti, Marshall McLuhan, il ciberprofeta ante litteram del mondo come villaggio elettronico, della fine della comunicazione meccanica griffata Gutenberg, dell’avvento della Terra a calze a ..Rete, in wireless, in topless, della comunicazione elettronica, di Internet, de mondo come villaggio globale. McLuhan, evocando non poeticamente, ma scientificamente, proprio Guglielmo Marconi.
La specificità di Lotman (più in generale della semiotica) nell’antevedere la Netsfera, va forse individuata, non nella tecnologia, ma nel linguaggio come macchina, meglio come medium messaggio polifonico: le parole come segni in libertà nella loro danza dei significanti possibili, potenziali, im-prevedibili, eppure, alla luce della cibernetica e dell’Intelligenza artificiale, comunque “registrabili”, paradosso in fondo simile alle cosiddette particelle, ora corpuscoli ora onde di luce.
Lotman captò la mutazione delle parole, dopo la tecnologia, le parole nella loro in certo senso singolarità tecnologica, punto di non ritorno dove l’emittente, parlando, si autoeclissa: le parole segni si animano quasi di vita propria e trascendono sempre la logica del senso intenzionale, in un moto perpetuo di combinatorie, quando sono creative, quando semplicemente, l’emittente rilancia i capricci di vocali e consonanti, nell’interfaccia con i destinatari, al massimo simile, destinata a sentieri e sinaspsi…. pensieri diversi, democrazia della conoscenza… (E lo pronunciò, Lotman, nella Russia sovietica!).
Non ultimo: Lotman, a differenza dei precursori stessi linguistici e semiotici, Sausurre, Jakobson o parzialmente del contemporaneo Eco, attraversava peculiarmente, come sfondo d’analisi, la dimensione letteraria e estetica, persino “architettonica”: anche Eco, parzialmente, però, ancora sociologicamente e ideologicamente contaminato, mentre soprattutto puristi del linguaggio (e della subdola Grammatica…) i pionieri di cui sopra. Lotman, invece, esplora i segni con bit… squisitamente poietici e poetici quasi, a differenza anche dello stesso Chomsky (scientista quasi, paradossalmente), degli stessi pur letterari Greimas e Lacan (filosofanti più che letterati).
In ogni caso, soltanto Lotman, forse, capace di sguardi complessi e già cibernetici (nel senso “totale” e globale sognato dallo stesso Norbert Wiener), di captare il wireless e l’onda d’urto, attraverso la letteratura, vista in senso antimeccanico e paradossalmente antiletterario, già elettronico e sinergico, delle parole-segni.
Un’onda d’urto che chiamò Semiosfera. Che oggi chiamiamo Netsfera.

http://guide.supereva.it/controcultura/interventi/2010/10/jurij-lotman-e-la-netsfera


Roby Guerra