Dopo quella sugli anni Ottanta alla Villa Reale di Monza, ci spostiamo a Lugano per godere di un’altra grande mostra «milanese» nell’anima e nel concetto. Il titolo, «Corpo Automi, Robot», sembra appena uscito dai palinsesti cinematografici natalizi, quelli che in questi giorni declamano il successo internazionale di «Avatar», fantascientifica vicenda di androidi tutti blu sul pianeta Pandora. L’attesa trepidante dell’uscita anche nelle sale italiane della pellicola in 3D sembra confermare, al di là del marketing, l’attualità del pensiero del critico d’arte newyorkese Jeffrey Deicht, che nel ’92 preconizzava «un’era postumana caratterizzata dalla ricostituzione dell’io». La ricca mostra ticinese a cura di Bruno Corà e Pietro Bellasi in corso fino a fine febbraio al Museo Cantonale si tuffa nel sogno leonardesco per sviscerare l’irresistibile fascino dell’uomo automatico o della macchina umanizzata, attraverso il pensiero e l’azione di scienziati e artisti di ogni tempo...
Alla Mecca il profeta preferito dai musulmani era Mosè; a Medina il suo posto fu preso da Abramo, e Maometto trovò ottime risposte da opporre alle critiche degli ebrei:lui e i suoi musulmani erano tornati allo spirito più puro della fede (hanifiyya) proprio di quegli uomini che erano stati i primi muslim a sottomettersi a Dio. Non sappiamo fino a che punto Maometto abbia condiviso il desiderio di alcuni arabi degli insediamenti di tornare alla religione di Abramo. Nel Corano non viene fatta menzione della piccola setta meccana hanyfiyya;e la figura di Abramo prima delle sure medinesi fu oggetto di scarso interesse. Tuttavia, sembra che in questo periodo i musulmani chiamarono la loro fede hanifiyya, la vera religione di Abramo. Maometto aveva quindi trovato una via per confutare gli ebrei, senza abbandonare l'idea centrale della sottomissione a Dio anziché a una mera espressione terrena della fede, e la rivalutazione dell'importanza di Abramo gli permise di approfondire tale c...