DOPO L'ISIS UN ALTRO POPULISMO IN MEDIO ORIENTE?

Siria ed Iraq erano una volta il nome di due paesi, di due nazioni senza guerre senza fine. Da due decenni sono solo luoghi maledetti, il teatro di massacri e di giochi insensati delle grandi potenze nel nome di una miope speranza di nuova stabilità. La geopolitica, per innata vocazione, ha molta fantasia, però ora anche l'immaginazione non basta più ad ipotizzare scenari e ad assicurare assetti diversi e migliori. Sia la Russia e men che meno l'America, prima di Obama e ora di Trump, non hanno assolutamente le idee chiare dello scacchiere mediorientale e anche di quello nordafricano o sud-arabico: nulla di nulla da parte delle due potenze, anche se la Russia sembra più preparata ad affrontare la crisi. In un certo senso si aspetta che, ad esempio, Siria ed Iraq vengano definitivamente frantumati e magari nuovamente riuniti in entità diverse ed inedite in una sorta di fiction della realpolitik multilaterale, riscrivendo a tavolino (ma non troppo) la carta delle regioni a noi vicine. Un tempo c'era una fortunata trasmissione televisiva di mamma Rai chiamata "Chissà chi lo sa....", che continuava evocando anche Alì Baba, personaggio delle Mille e Una Notte, conosciutissimo da quelle parti. Certamente l'ondata integralistica di importazione occidentale prima o poi verrà meno, e seguirà il ritorno di un Arabismo un po' laico, un militare, un po' pilotato dall'alto per coinvolgere in un disegno conservatore e apparentemente legato alla tradizione musulmana, per non mescolare le carte in modo brusco (vedi il caso del Marocco e altri ancora, dove "cambiano le cose non cambiando" mai in maniera gattopardesca facendo restare tutto com'è. Quindi dopo l'ISIS non sarà da escludere che i nuovi movimenti della contestazione si ritirino di nuovo sull'Aventino ed attendano altre occasioni per rifondare lo status quo, mutando gli equilibri, In altri termini da un populismo all'altro con la complicità nostra.
Casalino Pierluigi,