Il narratore di queste pagine viene alla luce una prima volta nel 1931.
Ma quella non è luce fatta per lui, che nasce con la vista ridotta a pochi visus.
Trascorre lunghi periodi dell'infanzia nel paese dove visse sua madre,
un paese non ancora rischiarato dalla lampadina elettrica, novità che,
nella provincia italiana, arriverà durante la prima metà del secolo scorso.
L'artista guarda nel buio della vista menomata e nel buio di un'epoca
che pare il Medioevo, mentre porta sulla tela ciò che dal buio riesce a cavare.
Sullo sfondo di un articolato e sapiente brancolare, corrono gli avvenimenti
di un periodo storico drammatico: la guerra, la fame,
e poi l'affacciarsi dell'isola alla modernità dopo secoli di vita omerica,
più simile a quella dell'antichità che a quella che dovrà necessariamente venire,
in capo a pochi decenni. È nel 1963 che il narratore,
grazie a un intervento chirurgico, di nuovo "viene alla luce",
e questa volta quella che lo accoglie è una fantasmagoria sfolgorante,
accesa per i suoi occhi che, risanati, lo costringeranno a un nuovo apprendistato,
durante il quale, uomo fatto, dovrà imparare ciò che tutti abbiamo appreso
in modo naturale: dovrà imparare a vedere.
L'improvviso uscire dal buio è il tema di fondo del lungo racconto
ordito da Tonino Casula. L'attenzione dedicata dall'autore alla visione,
intesa non già nei termini di una verità che si rivela,
ma come fonte di equivoci e inganni tutti da spiegare, ha qui la propria origine.
Ed è qui che nasce la curiosità inestinguibile dell'autore per la facoltà di produrre e leggere i segni che popolano il mondo di tutti,
vedenti e non vedenti. La stessa passione che negli anni lo porterà a farsi percettologo, semiologo e divulgatore instancabile,
si ritrova in queste pagine, nelle quali il racconto picaresco di un'intera epoca si intreccia alla riflessione, a proposito dei linguaggi dell'arte,
mentre i ricordi del maestro elementare si uniscono alla rievocazione autoironica dei momenti essenziali di una carriera artistica ricchissima,
che a distanza di una vita lo vede ancora al lavoro, nel suo studio, con strumenti che il Medioevo rievocato all'esordio del racconto
non avrebbe potuto sognare. Nel corso del tempo, il narratore scopre che il compito dell'artista non consiste tanto nel portare fuori di sé,
con l'espressione, ciò che sta chiuso dentro, nell'animo di chi dipinge o scrive, quanto nel portare dentro, nel linguaggio, ciò che sta fuori,
in un mondo fatto di segni. E se è facile concordare con la concezione antiromantica che sostiene, è inevitabile infine esser grati a Tonino Casula
per la salutare incoerenza che lo ha portato, per lo meno questa volta, con questo libro, a tirare fuori ciò che portava dentro da una vita,
e raccontare nel modo più toccante il buio da cui è venuto, tanti anni fa, e la luce, con la quale non ha mai smesso di fare i conti.
In copertina: T. Casula, Transazione, 1984.