IBN KHALDU^N E LE RAGIONI DELLA STORIA.

L' "Asabiyya" o spirito di corpo o tribale è per Ibn Khaldu^n la ragione dello stare insieme degli stati (islamici), ma tenta di conciliare una certa sfiducia verso tale concetto, insita nel pensiero islamico originario,con il suo pensiero che vede, invece, in modo favorevole tale istituto a suo dire naturale. Per l'Autore si impone una certa conciliazione, appunto, tra le sue teorie, il cui carattere di leggi sociologiche generali non le salva da aperta contraddizione con alcuni punti capitali del pensiero musulmano, e la visione ortodossa stessa della storia. Ibn Khaldu^n sentì questa necessità e puntò a risolverla con tranquillità di coscienza. Del tutto arbitraria si rivela, a chi esamini senza pre, giudizi o preconcetti l'opera dell'Autore, l'ipotesi di un consapevole dissidio tra scienza e fede, come è stato ingenuamente e superficialmente prospettato da Gumplowicz. Se Ibn Khaldu^n vide in qualità di storico molto più in là e più in su del suo tempo, anzi di ogni altro pensiero storico orientale, è pur certo che egli fu comunque figlio della sua epoca, uno zelante dottore ortodosso, un sincero credente. Meno fortunato e meno accorto di Giambattista Vico, che poté conservare distinta dalla sua concezione storicistica, quasi in compartimento stagno, la sua fede nel carattere sacro e trascendente della storia ebraico-cristiana e del fenomeno della rivelazione, Ibn Khaldu^n dovette e volle in perfetta buona fede mischiare il sacro con il profano, senza riuscire a serbare del tutto sacro il sacro e profano il profano, stemperando in posizioni di compromesso che a lui sembrarono sincere e logiche, la tradizionale rigida concezione giuridico-teologica e quella specificatamente storica da lui sinora rappresentata.
Casalino Pierluigi, 5.12.2014