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CROTONE - Tra le riforme che il premier Matteo Renzi ha messo in
cantiere e che sta tentando di realizzare, la più nuova e innovativa ha
almeno un secolo di vita alle spalle; sia nella forma di idea che di
restyling. Vero è che il passato a volte ritorna e che spesso insegna ad
affrontare meglio il futuro, ma può accadere che la ricerca del meglio
si riveli spesso nemica del bene. Certamente in Italia oggi si sta molto
peggio di venti anni addietro ed è provato che il 2014 è l’anno in cui
la Nazione ha imboccato definitivamente la via del baratro. Quel baratro
sul cui orlo ci trovavamo quando è arrivato Mario Monti alla guida del
Governo nel 2011.
In pieno “renzismo” le analogie storiche, nell’azione politica, tra
passato e presente sono impressionanti; persino i luoghi della politica
dei giorni nostri hanno una certa assonanza con quelli del passato. Dal
programma del “Nazareno” a Roma, odierna sede del Pd, indietro nel
tempo a quello di “San Sepolcro” a Milano, che fu il luogo dove
Mussolini, nel 1919, fondò i “Fasci italiani di combattimento”.
All’epoca del Duce non erano state ancora inventate le slide e quindi il
programma dei “Fasci italiani” fu pubblicato sul giornale “Il Popolo
d’Italia” il 6 giugno 1919 con una composizione del testo che assomiglia
moltissimo a quella che si usa per costruire le slide. Ma sono i
contenuti e gli enunciati “mussoliniani” e “renziani” rispettivamente
del 1919 e del 2014, ad assomigliarsi come due gocce d’acqua. Quindi
ecco il nuovo, ovvero il piano delle riforme dell’ordinamento
istituzionale annunciato, perseguito e in parte realizzato dal Governo
di Matteo Renzi. Lui, l’ex sindaco di Firenze e segretario del PD, negli
anni in cui l’Italia di tutto aveva bisogno, tranne che di
trasformazioni e stravolgimenti della Carta Costituzionale, individua
l’abolizione del Senato come punto centrale del suo programma. Più volte
egli ha detto che se non raggiungerà l’obiettivo, sarà pronto a
dimettersi. La stessa cosa voleva Benito Mussolini nel 1919, con il
“programma di San Sepolcro” ampliando peraltro la proposta di abolizione
del Senato con una riforma del sistema elettorale e con la scrittura di
una nuova forma costituzionale dello Stato.; esattamente come sta
facendo il suo successore che siede oggi a Palazzo Chigi. Nel programma
dei “Fasci di combattimento” erano individuati quattro tipologie di
problemi: politico; sociale; militare e finanziario con annesse ricette
per risolvere ognuno di essi. Nei piani programmatici di Matteo Renzi
non esiste il problema militare e le ricette per risolvere i restanti
tre, a parte le convergenze sull’idea di riforme costituzionali; quelle
di Mussolini apparivano davvero rivoluzionarie; in una parola:
socialiste, cosa che lo stesso Duce aveva messo in conto,
puntualizzando, in alcuni suoi scritti, l’esistenza di tale. E vediamo
in rapida successione le idee di sinistra del Pd e del suo segretario,
confrontate con quelle fasciste divulgate con il “Programma di San
Sepolcro” nel 1919. Il problema sociale secondo Mussolini si doveva
affrontare con le seguenti ricette: giornata lavorativa di otto
ore;salario minimo garantito;partecipazione dei lavoratori nel
funzionamento tecnico delle industrie e dei servizi pubblici; rapida
sistemazione dei ferrovieri (uno dei primi atti di Mussolini dopo la
prima guerra mondiale, fu l’assunzione nelle ferrovie dei combattenti e
reduci); abbassamento del limite dell’età pensionabile da 65 a 55 anni.
Nei programmi “Renziani” c’è l’addio al posto fisso; continua a esserci
la legge Fornero; job-act e quindi precarizzazione universale del lavoro
con livelli salariali minimi. Ma appare fantascientifica, in quella
parte del Programma dei “Fasci di combattimento” che riguardava il
problema finanziario dell’Italia, l’idea della “Espropriazione parziale
di tutte le ricchezze”, cioè quella di praticare una forte imposta, a
carattere progressivo, sul capitale. In piena era “Renziana” le
espropriazioni proseguono, sino al raggiungimento della miseria, ma a
carico dei lavoratori. A margine di tutto questo, ed a proposito del
parallelo tra Matteo Renzi e Benito Mussolini, una domanda sorge
spontanea: tra i due, chi è nuovo e chi è lavato con “perlana”?