La storia d'Europa fra le due guerre mondiali ruotò intorno al "problema tedesco". Risolto quello, si sarebbe risolto tutto il resto; altrimenti l'Europa non avrebbe conosciuto la pace. Tutti gli altri problemi perdevano di importanza o erano trascurabili di fronte alla questione tedesca. Il pericolo bolscevico rappresentato dalla Russia sovietica - mai in realtà così acuto come si credette - cessò bruscamente quando l'Armata Rossa fu respinta da Varsavia nell'agosto del 1920: da quel momento non vi fu la minima prospettiva che il comunismo potesse trionfare in qualche parte d'Europa oltre le frontiere russe. Ancora il revisionismo ungherese fece molto chiasso negli anni Venti - più chiasso dello stesso revisionismo tedesco dal punto di vista territoriale -: ma esso non suscitò più che un'ombra di guerra, anche se solo localizzata, mai l'ombra di uno sconvolgimento generale. Anche l'Italia litigò con la Jugoslavia per le questioni adriatiche, e in seguitò lamentò di essere nazione "povera" ed insoddisfatta, anche a seguito delle promesse non mantenute dai suoi Alleati e anzi dall'esclusione di essa da decisioni di ben più rilevante valore strategico nel mondo. Ma l'Italia al massimo poteva far rumore sui giornali, non certo destare allarmi. Rimaneva, dunque, solo il problema tedesco. E questo non era un fatto nuovo. Il problema della forza e della minaccia tedesca era esistito prima del 1914, sebbene non riconosciuto adeguatamente. Ma c'erano stati altri problemi: le mie russe su Costantinopoli, l'aspirazione francese all'Alsazia-Lorena, l'irredentismo italiano, il problem degli Slavi del Sud entro l'Impero Austro-ungarico, le interminabili agitazioni nel Balcani. Ora, invece, rimaneva, incombente incubo per le cancellerie, solo il problema tedesco. E questo era un fatto nuovo, almeno così come si poneva o meglio riproponeva: nulla di più importante esisteva della posizione della Germania. C'era poi una grande differenza di grande significato. Prima del 1914 le relazioni tra le grandi potenze europee erano spesso determinate da questioni esterne, prevalentemente coloniali: Persia, Egitto, Marocco, Africa tropicale, Asia Minore, Vicino Oriente ed Estremo Oriente. Alcuni osservatori, a torto,ritenevano che le questioni strettamente europee avessero perso la loro vitalità. Si vide poi che era vero esattamente il contrario. L'Europa continuò ad essere messa a soqquadro e continuò a dare grattacapi agli statisti e alla pubblica opinione. Non uno dei problemi extra-europei che avevano suscitato difficoltà prima del 1914 provocò alcuna grave crisi fra le potenze europee durante le due guerre. Unica marginale eccezione fu l'affare abissino del 1935, ma esso riguardò la politica europea nell'ambito della Società delle Nazioni. Altra apparente eccezione la crisi dell'Estremo Oriente tra Giappone e Russia, ma non si rivelò così determinante per le sorti del mondo.
Casalino Pierluigi, 6.12.2014
Casalino Pierluigi, 6.12.2014