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Roby Guerra, Nuovi Futuristi-Nuovi Umanisti, collaudo di Graziano Cecchini *from Argo Magazine

L’irriducibile Roby Guerra torna a pubblicare un volume sul futurismo. Lo scrittore ferrarese ha ripubblicato le sue Opere futuriste complete 1983-2000 (Nomade Psichico, Mantova 2000, ristampa febbraio 2011) e a poca distanza (luglio 2011) realizza in digitale questo volume di ricognizione poetico-saggistica (con manifesti e poesie inedite). I due libri sintetizzano una quasi trentennale attività di scrittore e divulgatore, sempre attento alle innovazioni tecnologiche e sempre innamorato del futurismo.
Il punto è: cosa fare del futurismo oggi? Si è da poco consumato il centenario del Manifesto futurista. Si continuano a pubblicare gli scritti di Marinetti, Soffici, Govoni, Palazzeschi ecc.

Si continua a riflettere sull’eredità del futurismo. E si visitano i musei che ne testimoniano, cristallizzata, l’azione dirompente. (Proprio da poco ho visto il “Museo del Novecento” a Milano, uno spazio espositivo molto bello in cui la forza delle opere futuriste mi è sembrata ancora enorme rispetto ai pasticci dell’arte informale e alle varie mode, più o meno onanistiche, che hanno esaurito la seconda metà del Novecento).

Allora il punto è proprio questo: cosa fare del futurismo oggi, quando si è ormai compiuto il processo di imbalsamazione museale di un movimento che si avventava contro i musei e l’accademismo? Per chi ama il futurismo, celebrandolo il rischio è di fare qualcosa che ha ben poco di futurista.
Il lavoro di Guerra ha il pregio di metterci davanti a questa domanda. E l’altro pregio di compiere una ricognizione sull’eredità futurista, mostrando quali correnti genericamente “neofuturiste” si possono distinguere nel panorama contemporaneo. In questo senso il doppiotitolo del libro (Nuovi Futuristi ma anche Nuovi Umanisti) è molto indicativo: si tratta di capire cosa viene dopo il futurismo e ne applica la lezione a un mondo già abissalmente diverso da quello rappresentato da Marinetti & C. un secolo fa. Il volume è una vera mitraglia di nomi e di fatti. (Oltre a contenere alcuni interventi di taglio politico – come già accadeva in Marinetti – fra cui si inneggia infine a un futurismo di sinistra).
Così anche il sottoscritto ha l’onore di essere arruolato fra queste nuove correnti, all’insegna del “Futurismo logico” che ho cercato di teorizzare nel mio A regola d’arte (Este Edition, Ferrara 2007) e di praticare nella mia trilogia poetica 365 (i primi due volumi con Liberty House di Ferrara nel 1999 e 2000, il terzo con Raffaelli di Rimini nel 2010).
Tutto bene dunque? Per chi, come il sottoscritto, ama l’analisi oltre alla sintesi, il limite del lavoro di Guerra è quello di non puntare abbastanza sulle differenze. Differenze di due tipi: qualitative e di stile. Partendo dalle prime, non tutti gli autori menzionati in Nuovi Futuristi-Nuovi Umanisti hanno una produzione artistica dello stesso livello ed è comprensibile che Guerra non voglia mettersi a fare il critico che sbadiglia giudizi (non è nella sua natura); con ciò rimane inevasa una domanda seria: quali fra gli autori menzionati sono più interessanti a livello di opere più che di intenti? Sulle seconde differenze, di stile, dico invece che il libro di Guerra mi sembra troppo ecumenico: troppi nomi sono arruolati nell’esercito neofuturista, troppo diversi i loro profili, troppo lontani i loro orizzonti. Cosa c’entra l’umanista Vittorio Sgarbi con il transumanista Riccardo Campa, per esempio? Cosa c’entra il filosofo Gianni Vattimo con il performer Graziano Cecchini? Cosa c’entra la prosa di Antonio Pennacchi con la poesia di Paolo Ruffilli o dello stesso Guerra? O magari mi sbaglio, ci sono molte affinità che non afferro e che superano le differenze, come Guerra sostiene. Certa è una cosa: la matrice del futurismo è ancora attiva e Roby Guerra è il suo clone e agitatore numero uno.

Giovanni Tuzet