"CECCHINI, l'arte di provocare", di Simone Santucci -from Abfly

"CECCHINI, l'arte di provocare", di Simone Santucci - Abfly

 
 
CECCHINI, l'ARTE di PROVOCARE.

Le sue performances, spesso provocatorie, hanno fatto parlare, nel bene o nel male, tutti i media e gli addetti al settore. Nel 2007, ad esempio, suscitò lo stupore del mondo facendo diventare rossa l’acqua della Fontana di Trevi a Roma con un colorante a base di anilina, innocuo per l’opera. Un’ azione da cui Graziano Cecchini, che abbiamo incontrato nel suo “buen retiro” nella campagna pisana, ha ricavato il nome del suo profilo Facebook, “Rossotrevi”.

CECCHINI, LEI È NATO A ROMA NEL 1953. COM’È TRASCORSA LA SUA GIOVENTÙ?
Erano gli anni ’70, anni bui, quando lasciai la capitale per vedere il mondo. Ho girovagato in Inghilterra e Francia, ma anche in paesi poco conosciuti allora, come Iran, Dubai, Emirati Arabi. Quell’esperienza mi ha permesso di conoscere culture diverse, di conviverci e mi consente oggi di non sentirmi a disagio, e non avere paura di chi da noi è migrante o immigrato. Perché fin da allora ho capito che siamo tutti parte di una stessa equazione la cui soluzione è la convivenza civile”.
CHE RAPPORTO HA CON VITTORIO SGARBI, CHE L’HA NOMINATA “ASSESSORE AL NULLA” DEL CO- MUNE DI SALEMI?
Un rapporto onesto e sincero, di amicizia a distanza. Vittorio è stato il primo a riconoscere in me l’artista. Non per questo non critico alcune sue scelte. Quando un giorno, eravamo a Peccioli, parlò a me e ad altri della sua idea per la Biennale di Venezia e gli dissi: “Vittorio, se la segui tu sarà un progetto grandioso”. Purtroppo credo che l’abbia fatta seguire a qualcun altro e così l’elefante ha partorito un topolino.
UNA PARTE DELLA CRITICA SI SCHIERA CONTRO LE SUE PERFORMANCES ARTISTICHE. COSA RISPONDE?
Che ci sono mentalità passatiste da accademici che andrebbero distrutte. Non ho nulla contro le Accademie, ma è ridicolo pensare che un professore insegni arte “per graduatoria”, mentre una volta i grandi artisti ottenevano una cattedra per meriti riconosciuti. E servirebbe, nella critica ed in alcuni giornalisti, una maggior apertura mentale, evitando di paragonare, ad esempio, una mia performance con le azioni di chi si scaglia contro le opere d’arte per danneggiarle.