da IL GIORNALE
di MASSIMILIANO PARENTE
Tu non hai valori, mi sento recriminare spesso, e anche su Facebook, dopo il mio intervento sul Giornale contro la retorica del rispetto, mi hanno subissato di proteste in nome dei valori. Perché sì, un’altra persecuzione bella e buona e terribile è il discorso sui valori, e non riferito ai valori della borsa, ai valori monetari, al valore di un quadro, al valore di una casa, i quali almeno hanno una loro concretezza materiale, piuttosto il discorso sui valori in generale, fine a se stesso e alla presunta bontà di chi ci si appella. Viceversa, per paradosso, il valore dei soldi non è un valore bensì un disvalore, dove i soldi non fanno la felicità, sarà, però tutti a lamentarsi della crisi economica e in fila a comprarsi l’ultimo Iphone, senza il quale nemmeno io potrei vivere ma non è che mi metto a predicare il valore dell’Iphone, lo compro e basta.
Il discorso sui valori uccide ogni valore perché esprime sempre il suo contrario, è come quando ti parlano del valore dell’amicizia e ti viene da guardarti le spalle, e come l’amore tra gli innamorati, inversamente proporzionale al numero di «ti amo» esalati per sventare il pericolo di odiarsi. E non so quante medaglie al valore della noia dovranno dare agli italiani, non ai caduti dell’Ottocento ma ai telespettatori del centocinquantenario dell’Unità d’Italia: stanno spazzando via tutto il palinsesto Rai per sostituirlo con cosa? Con Minoli, per rincoglionirci con ore e ore di documentari sul Risorgimento, che non è mai stato un valore per nessuno? Tra l’altro con questa storia ridicola e piccina che ci ritroviamo con la testa cinta dall’elmo di Scipio, fatta tutta di giornate, le cinque giornate di Milano, le quattro giornate di Napoli, le dieci giornate di Brescia, dove altrove hanno sempre fatto le cose in grande senza tante storie, la colonizzazione dell’Africa, l’invasione della Polonia, lo Sbarco in Normandia, Hiroshima, Nagasaki.
SEGUE