L'ex presidente dell'Espresso Caracciolo e Carboni erano azionisti della Nuova Sardegna. Hanno avuto rapporti per trent'anni documentati nel processo sul crac Ambrosiano e riscontrati pure nell'indagine sull'eolico. Ma per Scalfari va criticato solo Verdini...
Roma - A proposito di Flavio Carboni. L’uomo nero per tutte le stagioni, descritto come «il gran maestro della P3» in un articolo del 10 luglio sulla Repubblica , a firma Alberto Statera, viene definito «intrinseco all’album di famiglia proprio del berlusconismo». A questa sua vicinanza al premier veniva fatta risalire l’ostilità dei giornali del centrodestra impegnati a sostenere che l’associazione segreta, visti i personaggi, era da ridere. Ai sostenitori del «pitresismo sfigato » Statera ha posto un interrogativo: «Perché mai il coordinatore del partito Denis Verdini deve riunire nella casa romana il sottosegretario alla Giustizia Caliendo, i magistrati Martone e Miller, con il condannato Dell’Utri e il noto pregiudicato Flavio Carboni? ». A proposito di pranzi, incontri a casa, frequentazioni con Carboni, Statera dovrebbe sapere che Carlo Caracciolo, presidente del gruppo L’Espresso , fondatore con Eugenio Scalfari nel 1976 del (suo) quotidiano La Repubblica , deceduto a dicembre 2008, con Carboni è stato in strettissimi rapporti per trent’anni, altro che Berlusconi. Rapporti documentati nelle sentenze sull’inchiesta sul crac del Banco Ambrosiano, ribaditi negli atti giudiziari sulla morte di Roberto Calvi, riscontrati persino in quest’ultima inchiesta sulla P3. Perché le cene di Caracciolo vanno bene e i pranzi di Verdini no?
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