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Democrazia Omeopatica a Ferrara di Paolo Giardini

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Democrazia omeopatica

 

La settimana scorsa non è passata troppo tranquilla nelle stanze della Residenza Municipale, per vari motivi. Uno dei più pregnanti, il bilancio preventivo 2010 che dovrà essere discusso in consiglio comunale, è stato inviato all’approvazione dei consigli di circoscrizione. L’ha ottenuta, ma a scatola chiusa grazie alla maggioranza Pd, come sempre approvante “a prescindere” per fedeltà al sistema dominante, perché i documenti tardivamente consegnati per l’esame preventivo erano lacunosi e redatti in difformità dal passato. Se i mugugni dell’opposizione possono considerarsi scontati, aumentano di valore quando a lamentarsi pubblicamente è un consigliere di maggioranza non Pd, che si dichiara “basito” per le carenze illustrative della documentazione e la povertà dialettica mista ad arroganza dell’assessore Pollastri che presentava il lavoro.

Il problema non è solo formale. Infatti, allarmato dal dilagare dell’indignazione dei consiglieri di circoscrizione, il consigliere comunale Tavolazzi non è riuscito a venirne a capo per l’impossibilità di consultare i documenti, tanto da costringerlo ad invocare con una lettera aperta l’intervento del Presidente del Consiglio Comunale, affermando: “I documenti contenenti le citate informazioni esistono in Comune (per esempio le schede utilizzate dalla Giunta per confezionare la proposta di bilancio), ma ne viene impedito l’accesso ai consiglieri comunali e di circoscrizione.”

Più di un indizio segnala che la frase estratta dalla lettera di Tavolazzi può essere considerata come epitaffio della democrazia ferrarese del terzo millennio.

La politica locale che per decenni ha creato poltrone e consensi offrendo posti nel settore pubblico, ha raggiunto la fine delle risorse e insieme soffocato l’economia reale al di sotto dei limiti fisiologici, confermandosi assai più predatoria che gestionale.

Chi può negare che sia priva di vitalità economica una città che trova certezze unicamente nel settore pubblico e, senza spinte demografiche, consuma territorio dato all’espansione edilizia?

Non si può nascondere che il declino del grande petrolchimico, diventato condominio di poche pretese pronto ad ospitare di tutto, dalle turbogas alle ditte velleitarie, è conseguenza inevitabile nella città che non l’ha mai inteso come doveva. Altrimenti il grandioso indotto locale, che ogni stabilimento di queste dimensioni non manca mai di stimolare, si sarebbe sviluppato con una proliferazione industriale da fare invidia a quella sulla Via Emilia. Abbiamo invece la deprimente onnipresenza di Hera in tutto ciò che dà reddito, l’ospedale Tela-di-Penelope eretto in un posto assurdo, le tasse sulla pubblicità date in appalto (nonostante 1.500 dipendenti comunali) ad una ditta che sottrae alla città il 30% del raccolto, un inceneritore che gassifica materia prima facendocela respirare invece che lavorare, e una caterva di soldi pubblici usati per l’inutile asta navigabile invece che per risolvere urgenti problemi reali.

Infine, come ciliegina sulla torta immangiabile, si può esser certi che se Tavolazzi non avesse sollevato il caso, la città sarebbe venuta a conoscenza del problema di conclamata antidemocrazia in termini così omeopaticamente diluiti da…. rimediare farmacologicamente ad ogni carenza di democrazia.

 

Paolo Giardini

 

www.progettoperferrara.org

 video http://www.youtube.com/watch?v=Gl81wx9r610

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