* da La Poetica di Internet (Futurist Editons ebook, 2009)
“Il tattilismo deve avere per scopo le armonie tattili, semplicemente, e collaborare indirettamente a perfezionare la comunicazione spirituale tra gli esseri umani, attraverso l’epidermide.” Marinetti
Sopravvalutato in passato, nei favolosi e ciarlatani anni ‘60, rimosso e sottovalutato oggi, Herbert Marcuse, invece, con “Eros e civiltà” e “L’uomo a una dimensione”, direttamente o in controluce suggerisce importanti riflessioni psicosociali e artistiche - futuribili - in netta connessione con l’odierna era cibernetica, nonostante le manipolazioni di ieri e il silenzio attuale. Il feeling estetico con il futurismo - estetica della macchina - già per questi aspetti tecnologici e futuristici del pensiero Marcuse appare evidente.
Tutta l’opera di Marcuse indica anche a livello estetico l’ipotesi di nuovi valori - una nuova bellezza - connessi ad una cibernetica o automazione più umane, una società postindustriale ma ecologica, possibile nel futuro (soltanto!), non più alienante per gli umani e... pure per le macchine, quest’ultime neppure oggetti da controllare (come in certo Fromm), ma estensioni creative del corpo umano. Soprattutto, Marcuse criticò radicalmente il falso umanesimo tradizionale, metafisico o borghese, laddove Marinetti e il futurismo, con il tattilismo sessuale, il chimismo lirico e la sensibilità numerica, già indicarono un neoumanesimo moderno e delle macchine.
Marcuse, comunque, reinventando l’Es (o il sogno o l’utopia o la macchina...) freudiano, riscoprendo lo stesso geniale Groddeck e il solito Nietzsche... suggerisce un Io più biologico, nel piacere e nel desiderio, nella fantasia e nella sessualità, laddove i futuristi esplorarono, nella nascente modernità, un nuovo Io umano antitradizionale, pulsionale e erotico, eretico, così come Marcuse intendeva la dimensione estetica, il futuro sociale e la psicoanalisi.
E mentre in seguito altri profeti del desiderio, Gilles Deleouze, Felix Guattari, Alain de Benoist, Bernard Henry-Levi, l’italiano Bifo, il riclonato Timothy Leary (ecc.), possono svelare il futurismo come desiderio appunto macchinico e felicemente schizoide, Marcuse può sospendere la dimensione estetica futurista (per Marcuse stesso futuristica...) nella profonda superficie, gioco dell’Es, liberato dalle pastoie della libido“classica”.
Cosicché, la Macchina non ancora Astratta, delinea il futurismo quale sociologia live dell’arte dell’era industriale, trasparente nella meraviglia e nell’eresia tecnologica dei “Manifesti” futuristi. Mentre il paroliberismo letterario anticipa gli automatismi delle macchine astratte dei postmoderni, in Boccioni, Balla..Benedetta Cappa…. e poi gli aeropoeti futuristi il corpo in libertà e polimorfo (futurista) rivela, dopo la necessaria tempesta, una serena, ironica e giocosa modernità possibile.
In parole diverse...è l’Eros dolce e neo-orfico esplorato da Marcuse, la maschera stessa lirica e sensuale di Dioniso, un altro moderno parallelo al secondo futurismo, capace di giocare e trasfigurare il mondo computer, ma nel “motore” hard della rivoluzione (in Marcuse) e dell’avanguardia (in Marinetti e nel futurismo eroico).
L’automa-uomo meccanizzato, già prossimo allo stesso McLuhan, prende vita, il Frankenstein non è un mostro, ma nuovo prodigio virtuale e futurreale del genio genetico umano: l’Orfeo-Dioniso futurista inventa immagini e scenari violenti ma viola, attraversati da intermittenze che oggi definiremmo neuromantiche.
Infine - e conseguenzialmente - dallo stesso Marcuse senza illusioni neopastorali, si scopre il futurismo quale desiderio elettronico nella giusta dis-armonia creativa tra Natura e Uomo: sensualizzazione e tattilizzazione sociale attraverso la nuova civiltà dell’immagine, del computer e della televisione (estensione del tatto... secondo McLuhan), scenario sovversivo rispetto all’economicismo o al falso umanesimo banale, ipocrita e repressivo, ancora in gran voga tra gli stessi umanisti.
“L'Uomo è morto, Noi Robot, troppo umani, abbiamo vinto!”
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