IL FUTURCENTENARIO DI UFAGRA'

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ANTONIO FIORE CENTENARIO FUTURISTA A ROMA IL 7 FEBBRAIO-ANTEPRIMA

(*dal CATALOGO a cura di Giorgio Di Genova)

 Ufagrà nel 100 d. F.,

ovvero il Futurismo è morto, viva il Futurismo

Il 20 febbraio 1909 a firma di F.T. Marinetti compariva a Parigi sulla prima pagina di “Le Figaro” il manifesto Le Futurisme. Era l’atto di nascita del Movimento futurista, avanguardia così radicale che segnava uno spartiacque tra tutto ciò che si era prodotto in arte in Italia fino ad allora, per cui, storicamente parlando, esso deve essere considerato una sorta di anno zero dell’arte, che quindi può essere distinta in avanti il Futurismo (a. F.) e conseguentemente dopo il Futurismo (d. F.).

Oggi siamo nel 100 d. F. ed è per questo che si celebra in Italia ed all’estero l’avvento dell’avanguardia italiana che nel XX secolo ha contribuito ad un fondamentale mutamento della concezione dell’arte (e non soltanto), dando impulso con le proprie influenze in altri paesi a nuovi linguaggi, quali il Raggismo in Russia, il Vorticismo in Inghilterra, il Dadaismo, iniziato a Zurigo e poi diffusosi in Germania e Francia, nonché, ancora in Russia, il Costruttivismo e collateralità, oltre a numerose altre “rivoluzionarie” soluzioni, come si ricava dalla conferenza Il Futurismo, un’avanguardia totale riproposta in questa stessa pubblicazione.

Cento anni sono tanti e nessun protagonista storico del Futurismo oggi è vivo. Altrettanto dicasi per i numerosissimi seguaci che nelle varie regioni d’Italia hanno militato nel Movimento. Fino a qualche anno fa a Livorno era ancora in vita Osvaldo Peruzzi, che purtroppo se n’è andato alla venerabile età di 97 anni il 30 dicembre 2004 (95 d. F.).

Pertanto, se si esclude Maurizio Calvesi, che, come egli stesso ha ricordato, quattordicenne fu annoverato tra gli “aeropoeti” da Marinetti-(1), l’ultimo futurista ancora attivo è Antonio Fiore, in arte Ufagrà, come lo ribattezzò Sante Monachesi, ideatore (sulla base dell’esperienza fatta nell’ambito del Gruppo Futurista Maceratese) del Movimento Agravitazionale, ovvero Agrà, di cui in quest’occasione si ripropongono i 4 manifesti.

Il Movimento Futurista, è noto, è finito nel 1944 con la morte di Marinetti, anche se per gli studiosi oggi impegnati a celebrarlo espositivamente esso sarebbe durato fino al 1915 (2), cioè fino al 6 d. F., negando (o rinnegando) tutti gli sviluppi posteriori realizzatisi mentre il suo Pontifex Maximus era ancora in vita. Sarebbe come dire che il  Cristianesimo è finito con la morte di Gesù e che non sono cristiani gli apostoli e tutte le confessioni successive, Cattolicesimo compreso.

Io sono tra coloro che ritengo conclusa la “storia” del Futurismo appunto nel 1944, ma da storico dell’arte contemporanea considero le vicende post-1944 dei futuristi sopravvissuti a Marinetti e dei loro seguaci come appartenenti all’era futurista, cosicché, se si è potuto parlare di Secondo Futurismo, niente vieta di considerare Terzo Futurismo ciò che s’è prodotto o si va producendo da chi si serve, rinnovandolo, del lessico futurista(3).

Negare la realtà di una odierna persistenza del verbo futurista, incarnato da Ufagrà, sarebbe illogico quanto negare che il Fascismo non sia continuato dopo la caduta del regime e la morte di Mussolini, quando esso è addirittura professato apertamente ancora oggi da un editore di giornali, eletto senatore nel PDL, dal famigerato capo della Loggia P2, dal portiere del Milan e da tanti altri, compresi molti giovani nati dopo il Ventennio.

La differenza è che costoro sono nostalgici e quindi “passatisti”, per usare la terminologia futurista, mentre i futuristi dal secondo dopoguerra in poi ad oggi, tra cui vanno annoverati, oltre ad Enzo Benedetto, che per anni ha pubblicato “Futurismo Oggi”, sotto la cui egida ha realizzato esposizioni in varie città d’Italia (4), Osvaldo Peruzzi, Antonio Marasco, Renato Di Bosso, Vittorio Corona, Ivo Pannaggi, Tullio Crali, Mino Delle Site, Alessandro Bruschetti, Sante Monachesi, i quali hanno sviluppato il lessico futurista e l’hanno fatto progredire con aggiornamenti, assorbendo la linfa necessaria dalla produzione degli artisti fondatori del Movimento e dei loro comprimari.

Ufagrà appartiene, appunto, a questa schiera di prosecutori. Anzi, egli sulle radici dei futuristi storici, dell’Aeropittura e del Movimento Agrà ha inteso celebrare creativamente i cento anni del Movimento con 2 nuove opere. Mi riferisco al trittico Velocità+Aeropittura+Cosmopittura ed alla pala 1909-2009: il Futurismo ha cento anni, due opere di concezione futurista sposata, specialmente la seconda, con la tradizione storica della pittura, almeno per quel che riguarda la struttura che con la “corona” e la predella si rifà al paliotto d’altare.

Con le 5 “citazioni” a collage (tecnica ispirata da Boccioni-5) nelle cuspidi della parte superiore di Russolo (Dinamismo d’un’automobile, 1912-13), Balla (Velocità astratta, 1913), Boccioni (Stati d’animo: gli addii, 1911-12), Severini (Il treno Nord-Sud, 1912) e Carrà (Festa patriottica, 1914) e con le 7 della predella: Depero (La casa del mago, 1920), Dottori (Il trittico della velocità: b) In corsa, 1927), Peruzzi (Battaglia aeronavale, 1939), Prampolini (Figura nello spazio, 1937), Delle Site (Aerovelocità, 1935), Benedetto (Elettroni in moto, 1982) e Monachesi (Imponderabilità Agrà, 1979 ca.) il nostro ultimo futurista è riuscito a mettere tra parentesi verticali la sua “astronave” del centenario sfrecciante tra le esplosioni cromatiche del magma cosmico, quasi a voler sciogliere la condensazione del nome d’arte Ufagrà in un suggestivo “ufo” Agrà; nel trittico, invece, ha ottenuto connubi più dialettici, calando nel ribollente orografico orizzonte della propria pittura 3 collages, il primo di Balla (Velocità astratta, 1913), il secondo di Dottori (Primavera umbra, 1923) e l’ultimo il suo Battaglia cosmica n. 5 del 2006, i cui titoli semplificano appunto quello dell’opera.

Se nel trittico Ufagrà dichiara le ascendenze del suo visionarismo cosmopittorico, per meglio comprendere i “viaggi” pittorici compiuti per arrivare al paliotto, da lui creato per essere collocato sul suo ideale altare dedicato al Futurismo, credo che possa aiutare il testo che segue, in cui ho ricostruito più argomentatamente il suo tragitto dal 70 d. F. ad oggi e di cui la presente nota è un puro corollario di aggiornamento.

E per questo motivo mi permetto di rimandare chi ha avuto fin qui la pazienza di leggermi.

Giorgio Di Genova (storico dell'arte)*

*Note

1 Ce ne ha informato lui stesso nel corso dell’intervista con Guglielmo Gigliotti, inserita nell’apposita

inchiesta sul Futurismo apparsa sul numero 282 de “Il Giornale dell’Arte” (cfr., Calvesi. Ho il brevetto diaeropoeta

, dicembre 2008, p. 51). In essa lo studioso ricorda il suo incontro con Marinetti, che, essendo

notoriamente di bocca buona, era alquanto propenso, specialmente da anziano, a fare nuovi proseliti. Di

esso, tra l’altro, così Calvesi riferisce: “Molto importante per me fu la declamazione delle mie poesie, che

Marinetti con entusiasmo storicizzò subito come ‘aeropoesie’. Fu così che entrai nell’esercito futurista

anch’io, e ora ho la civetteria di considerarmi l’ultimo piccolo esponente ancora in vita del Futurismo. Da

futurista poco consapevole, data l’età, andai nel ‘42 pure a una serata futurista che si svolse a piazza

Venezia. Si presentava il Manifesto dell’Aeroromanzo, scritto da Bellanova, futuro protagonista della psicoanalisi

italiana”. Ciò è senz’altro stato uno stimolo per Calvesi a studiare il Futurismo, ma sul piano sia

“poetico” che creativo non ha avuto gran seguito. Anzi, tutt’altro. Come sostenitore negli anni Ottanta

dell’Anacronismo egli sarebbe stato tacciato da Marinetti, Boccioni e compagni di “passatista”.

2 Restringendo addirittura l’orizzonte dell’indagine maggiormente di quanto nel 1986 non fece Pontus

Hulten, che si fermò al 1930 con la sua mostra Futurismo & Futurismi a Palazzo Grassi di Venezia.

3 Ovviamente proprio per ragioni linguistiche escludo da tale versante gli artisti che Inga-Pin ha riunito

sotto l’etichetta di Nuovo Futurismo.

4 Nata nel 1969, la rivista si concluse con l’ultimo numero, uscito nel 1993, dopo la scomparsa di Benedetto,

del 1993.

5 Al proposito nella conferenza di Sofia (vedi più oltre) riporto le influenze della pubblicazione del suo

Manifesto tecnico della scultura futurista per talune opere del 1912 di Braque, Picasso e Gris.

http://lav0cefuturista.splinder.com/post/19331975/Intervista+al+maestro+Antonio+

http://www.nuovipanorami.it/arte/antoniofiore.html