Con una decisione che è da ritenersi storica il consiglio Supremo degli Ulema del Marocco ha ritenuto lecito per un cittadino marocchino il cambiare religione e in subordine la consacrazione della pluralità delle professioni di fede nel Paese maghrebino. L'evento rientra nell'ampio dibattito sulla laicità che interessa in profondità la società marocchina. Il Marocco, nonostante la prevalenza della religione musulmana, per lunga tradizione, ospita, infatti,altre confessioni in un clima di apertura, di tolleranza e di intelligenza, che risale ai grandi filoni della filosofia araba, rappresentati in particolare dagli insegnamenti di Ibn Rushd (l'Averroè dei Latini), il celebre pensatore andaluso, maestro di Dante e dell'Europa moderna. A nessuno sfugge il carattere politico di questa decisione che fa il paio con l'istituzione di una scuola di imam da frequentarsi nel nome della tradizione e ad un tempo dell'innovazione, con un modello spirituale che il Marocco esporta nel resto dell'Africa, anche in forza della nuova politica africana inaugurata dal sovrano Maometto VI in occasione di un tour assai significativo svoltosi negli ultimi mesi nelle principali capitali del Continente. La partnership di Rabat con i Paesi a sud del Sahara si coniuga con la vocazione universalistica del regno marocchino e dei suoi legami naturali con l'Europa, oltre che con la secolare esperienza di convivenza di genti diverse che il Marocco coltiva dall'epoca fenicia e poi romana: da non dimenticare la visita di Papa Giovanni Paolo II nel 1985 a Casablanca, regnante Hassan II, padre del presente re. Di rilievo in Marocco è pure da registrare la forte influenza ebraica che riporta in patria ogni anno dal vasto ecumene giudaico mondiale schiere non solo di ebrei marocchini, ma anche di soggetti di origine e formazione ebraica, desiderosi di immergersi nel patrimonio di costumi e di idee che l'ebraismo ha lasciato in quella terra, come viene evocato dalla presenza di un importante Museo Ebraico.. Le coraggiose riforme costituzionali avviate dall'attuale monarca nel nome di un sistema istituzionale fondato sulla separazione del potere di governo da quello di regno della corona, si pongono come un fattore di stabilità e di equilibrio in una realtà che appare in movimento e si sforza faticosamente di colmare le lacune che permangono nel corpo sociale. La minaccia radicale e fondamentalista, non viene certo meno con la politica del re e del governo eletto democraticamente, ma il Marocco ha saputo finora starsene lontano grazie ad un apparato di sicurezza di prim'ordine e ad un attenta gestione delle possibili situazioni di crisi. La stessa lingua marocchina che mette a latere l'arabo che è conosciuto solo dai circoli colti e dai media lascia spazio alle parlate berbere che hanno ricevuto a loro volta il diritto ad essere insegnate e ad un tempo parlate e scritte in una sorta di pluralismo che il re MAometto VI persegue nel solco di un antichissima convivenza. Sull'argomento rimando agli altri miei articoli pubblicati sul web, tra i quali quelli ospitati da Asino Rosso.
Casalino Pierluigi
Casalino Pierluigi