NORD AFRICA D'ALTRI TEMPI

La situazione attuale in Nord Africa è segnata da un lato dai progressi delle istituzioni liberali e dall'altro dalla crescente inquietudine provocata dal manifestarsi di tendenze islamiste radicali e fanatiche.Il Regno del Marocco, dopo le recenti aperture costituzionali, vive una stagione di riforme e di crescita economica a fronte di un fitto dibattito sulla laicità e il pluralismo, peraltro ancora di difficile affermazione considerata la base tradizionale di quella società  La Tunisia repubblicana, dal canto suo, si rivela il capofila di un processo di modernizzazione che in un certo momento è sembrato arenarsi anche in conseguenza della crisi libica. L'Algeria dei militari si stringe tuttora a riccio di fronte alla minaccia terroristica e non manca di gestire lo status quo scaturito dalla guerra civile degli anni Novanta con mosse caute, ma coraggiose. L'inferno libico meriterebbe una speciale riflessione per le prevalenti suggestioni alla violenza, non prive di rischi di disintegrazione territoriale. Il caso libico ci interessa per la cifra di pericolosità che rappresenta per il Mediterraneo e soprattutto per il nostro Paese. L'Egitto dei generali conferma la sua tradizione di egemonia delle élites nazionalistiche post-coloniali e nasseriane, che restano diffidenti di esperimenti come è stato quello dei Fratelli Musulmani (in questo stranamente alleati con i sauditi, che temono contestazioni demo-musulmane in seno alla monarchia dei petrodollari e del rigore ultra-ortodosso) e consapevolmente vigili nei confronti della gravità della sfida alla sicurezza portata dalla vicinanza della crisi mediorientale nel suo complesso. Piace a chi scrive, tuttavia, non soffermarsi sulle attuali congiunture nordafricane, ma gettare uno sguardo all'indietro nel tempo, risalendo all'epoca dell'indipendenza dei tra Paesi del Maghreb, non marginali nello schieramento arabo anche per quanto riguarda il dialogo con l'Europa e l'Occidente in genere. All'indomani della liberazione dalla Francia l'Assemblea tunisina votò la forma repubblicana dello stato. In sede di rievocazione e di considerazione storica, si ricordano le requisitorie contro la monarchia del bey, che risuonarono nell'Assemblea tunisina: va sottolineato, comunque, che senza la sopravvivenza sia pur larvata e decorativa della dinastia beilicale, sarebbe stato più difficile, per la Tunisia, rivendicare la sua piena indipendenza Si guardi, dunque, al processo di liberazione nelle tre storiche regioni del Maghrib arabo e fino ad allora tutto francese. Due di esse, Tunisia e Marocco, ne sono giunte a capo subito, mentre l'Algeria ha percorso strade diverse, uscendone con un sanguinoso conflitto con la potenza coloniale. Ebbene in Marocco e in Tunisia la Francia aveva preso piede instaurando un protettorato, una sostanziale "mainmise" sul paese che però ne rispettava almeno in apparenza la fisionomia di Stato a sé, dalla limitata ma non del tutto abolita sovranità, simboleggiata dalle rispettive dinastie in vigore. La dinastia sceriffiana in Marocco e quella dei Bey in Tunisia che ha avuto poi cattiva stampa hanno rappresentato nei passati decenni precedenti l'indipendenza il fulcro giuridico e morale su cui ha potuto far leva il movimento di liberazione. Nel trattato del Bardo, firmato si può immaginare con quanto entusiasmo dal Bey Sadiq (1881), né quello del 1912, che sanzionò il protettorato francese sul Marocco, avevano abolito le due dinastie locali, che giunti i tempi a maturazione, hanno ben saputo far valere i loro diritti. Meglio, certamente, è riuscita la riscossa di Maometto V, nonno dell'attuale re marocchino, che ha saputo diventare (anzi che la Francia stessa aiutò a diventare) segnacolo in vessillo della lotta del Marocco per l'indipendenza. Il tunisino Sidi Lamine (o al.Amin) non ha avuto altrettanta fortuna, macchiato com'era del peccato originale di essere insediato al trono proprio dalla revanche francese del 1943; eppure aveva anch'egli in quegli anni cercato di manovrare con dignità e fermezza, opponendosi talora con successo alle pretese dei Residenti, tenendo testa persino al bastone di maresciallo del focoso Juin. Molle o deciso che fosse il Bey, i Francesi con lui, oltre che con Bourghiba (a cui si rifà l'attuale Presidente della Repubblica, al termine di un processo lungo e vorticoso che ha condotto la Tunisia oltre il regime di Ben Alì) e con il popolo tunisino tutto, avevano dovuto fare i conti. E il risultato, in Tunisia, relativamente pacifico, è stato quello odierno, il conseguito e ormai perfezionato recupero della sovranità nazionale prima e oggi della dignità di Stato.
Casalino Pierluigi, 24.01.2015