NUOVA SARDEGNA CAGLIARI. A chi gli chiede cosa pensi, da russo, della crisi ucraina, risponde: «Non sono un politologo ma un biologo e un musicista. La questione è complessa e penso riguardi il rapido crollo dell'Unione sovietica e come al momento di dividersi molte cose non sono state discusse». Così Antonio Gramsci jr, nipote del fondatore del Pci, l'altra sera a Cagliari ospite del circolo Antonio Gramsci per l'inaugurazione della biblioteca "L'albero del riccio", nel quartiere Is Mirrionis. Un nome preso dal titolo di un racconto dello stesso Gramsci quello scelto per la biblioteca di un rione difficile. Con l'auspicio di salvare i libri, riviste, saggi, opuscoli della sinistra che correvano il rischio di andare perdute. «Con questa biblioteca vediamo realizzato un sogno a cui abbiamo cominciato a lavorare tre anni fa» ha raccontato la segretaria del circolo, Michela Caria, in una sala stracolma di gente. La dotazione della biblioteca è di poco più di duemila volumi: dai classici della narrativa all'approfondimento politico- culturale sino a quelli di psicologia o filosofia politica. Libri per anni rimasti chiusi in qualche scantinato. L'obiettivo è arrivare, grazie alle donazioni a cinque o sei mila volumi. «Per me è un onore essere stato invitato all'inaugurazione di questa biblioteca – ha detto Antonio Gramsci jr, in Sardegna per presentare il suo libro "La storia di una famiglia rivoluzionaria"- La biblioteca è un centro di cultura per eccellenza». Un concetto che il nipote del fondatore dell'Unità ha spiegato meglio con un aneddoto sugli ultimi giorni di vita di Lenin. Quando, malato e impossibilitato a esprimersi a parole, aveva comunicato a gesti la volontà di restituire un libro alla biblioteca del paese». Di libri e letteratura Grasmsci jr. parla anche nel suo ultimo lavoro che, in collaborazione con la Fondazione Istituto Gramsci, lo ha visto frugare tra carteggi dell'Archivio del Comintern e della famiglia Schucht. Tra le pagine che restituiscono un ritratto inedito e intimo del nonno, quelle in cui il primogenito di Antonio, Delio, scrive al padre dell'entusiasmo provato vedendo al cinema "L'uomo invisibile", tratto dal romanzo di H. G. Wells, allora considerato il massimo autore di fantascienza: «Caro, quel libro non mi piace. Se non lo leggi non sarà una grave perdita per la tua formazione intellettuale e morale», gli consigliava il leader del Pci.
Alla Mecca il profeta preferito dai musulmani era Mosè; a Medina il suo posto fu preso da Abramo, e Maometto trovò ottime risposte da opporre alle critiche degli ebrei:lui e i suoi musulmani erano tornati allo spirito più puro della fede (hanifiyya) proprio di quegli uomini che erano stati i primi muslim a sottomettersi a Dio. Non sappiamo fino a che punto Maometto abbia condiviso il desiderio di alcuni arabi degli insediamenti di tornare alla religione di Abramo. Nel Corano non viene fatta menzione della piccola setta meccana hanyfiyya;e la figura di Abramo prima delle sure medinesi fu oggetto di scarso interesse. Tuttavia, sembra che in questo periodo i musulmani chiamarono la loro fede hanifiyya, la vera religione di Abramo. Maometto aveva quindi trovato una via per confutare gli ebrei, senza abbandonare l'idea centrale della sottomissione a Dio anziché a una mera espressione terrena della fede, e la rivalutazione dell'importanza di Abramo gli permise di approfondire tale c...